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«Una vittima dello Zeitgeist fu mio padre. Nato nel 1915, avrebbe voluto studiare, ma non andò molto al di là dell'istruzione obbligatoria, perché la sua famiglia era povera. Chiamato a prestare il servizio militare, fu mandato in Africa, per la sciagurata guerra d'Etiopia; fu conseguentemente fatto prigioniero dagli Inglesi, e poté tornare in Italia (dopo chissà quanti stenti!) solo nel 1946. Mio padre pensava ingenuamente che il servizio reso alla patria per quasi dieci anni potesse servirgli a qualcosa, che gli venisse dato un posto alle Poste (aveva preso in Africa un diploma di radiotelegrafista), o almeno nel grande stabilimento industriale che nel frattempo si era installato nella sua cittadina. Niente di tutto ciò! I tempi erano cambiati, e lui e i quasi altri centomila Italiani reduci da quell'infelice campagna africana furono considerati più o meno come un peso dalla Repubblica appena nata, come uomini ormai sorpassati, perché (anche se non potevano fare altro, laggiù!) erano rimasti nominalmente fascisti fino alla fine delle ostilità. Molti Italiani della madrepatria, invece (e nel Sud fin dal 1943), ebbero tutto il tempo per diventare (o almeno dichiararsi) comodamente antifascisti! Mio padre dovette accontentarsi di lavorare come sarto (mestiere che aveva imparato da ragazzo) e, anche se non parlava volentieri di queste cose, posso testimoniare che conservò per tutta la sua non lunga e non facile vita un profondo senso di amarezza per le ingiustizie subite.» |
Inserita il 16/05/2015 |
Bisogna stare al passo con i tempi,
se si vogliono coglier le occasioni.
La storia ci presenta molti esempi
di gente che mutò le sue opinioni:
quasi tutti i fascisti antifascisti
divennero nel tempo di un mattino,
ritenuti quegli anni furon tristi,
abito s’indossò pulito e fino;
chi non partecipò al Sessantotto
speranze di successo ebbe ben fioche,
dovette rassegnarsi e far fagotto,
di carriera occasioni furon poche;
presero la rivincita, però,
gli esclusi dal banchetto comunista,
nuova destra fondarono (lo so
che già pensate a chi è ancora in pista) .
Lo spirito del tempo, come un treno
in corsa, accoglie tanti viaggiatori,
e subito diventa zeppo, pieno
più che d’onesti, di profittatori.
(Restare alla stazione, certe volte,
conviene se è la meta indefinita,
se i percorsi son vaghi, se son molte
le incognite del viaggio, della gita.) |
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