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E mò ca sto presente
pur’io a ‘stu funerale,
penzuso m’addimmanno:
pecché dint’a famiglia,
a chillu frate" buono “
iss’ n’è stato uguale?
Pecché tanta sfurtuna
chistu guaglione ha avuto,
ca mò dint o tavuto
io veco triste e muto?
sulo ‘o destino è stato?
nisciuno, ‘a colpa ha avuto?
E chest’ m’addimmann’:
e resto triste e muto.
Ed ora che son presente
anche io a questo funerale,
pensieroso mi domando:
perché nella sua famiglia
al suo fratello più " buono "
lui non è stato uguale?
Perché tanta sfortuna
questo ragazzo ha avuto,
che ora nella bara
io vedo triste e muto?
Solo il destino è stato?
Nessuno, colpa, ha avuto?
E questo mi domando
e resto triste e muto! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Un ragazzo schiavo della droga e dell'alcool fino a morirne. Forse penso che lui non abbia avuto come il fratello le attenzioni che la sua famiglia gli avrebbe dovuto riservare accorgendosi in tempo del suo disagio esistenziale. Lo penso, ma spero veramente che non sia così. Lo penso, e resto anche io triste e muto a guardarlo con una grande amarezza nel cuore, e mi domando: " Pecché "!!??» |
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