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Il sole allungava ardenti dita strinando la terra
e sparuti giunchi, lungo dune degradanti
nell'onde pigre, allevianti.
L'estate incrinava le zolle e ardeva in cuore
mentre noi, creature marine adagiate su scogli,
nere fiere dita sorgenti dall'azzurro fatato del mare
esaudivamo l'amore.
Profumo di zagare invadeva l'aria
e sanguigni oleandri celavano veleno
vestendolo di corolle.
Un luglio afoso gravava con bollente fiato
sulle rive dell'antico mare.
Univamo i respiri tra cielo e acque
delfini innamorati,
pelle ambrata incrostata di sale.
Ci assaggiavamo assetandoci,
rilasciati dalla risacca sulla rena
nelle notti di luna, inseguendo stregati
sentieri argentati che l'astro notturno
dipingeva nel mare.
La tua terra calabra esaltava il sangue
mio leone marino, e i ricciuti capelli vivevano,
fili di ferro nero, forgiati da Nettuno,
dove golosamente affondavo le dita
tra sospiri che ultimi parevano.
Sgrano come rosario quei giorni, le turbolente notti,
le pigre ore assolate, impregnata di pacata nostalgia.
Fragranza di zagare m'avvolge
e oleandri amari nascondono il veleno. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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