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LA BERLINA COMMEDIA
Mi ritrovai in fronte ad una scala
C’accingea a portar in suso l’omo.
Puro avea l’aspetto in quella sala
E non avea corriman né altro pomo.
L’viso volsi in su pell’ alta via
Ma neache tempo ebbi di dar tono
Che n’brivido prese la schiena mia.
“Chi l’è?”- parlai io con voce rotta
Che pel timor, alta nota non venia.
Sentir suono di parole come in grotta
Non fè che ingrandir lo mio spavento
Tanto quanto son le navi in flotta.
Li occhi mei potea usar a stento
Altro non potea fare che star apposto
Aspettando se non altro l’ buon momento.
Mentre l’angoscia rendommi sì tosto
Di scatto al mio fianco s’aperse una porta
Che mi fè sobbalzar da lo mio posto.
Per un attimo la mia mente si fè torta
E incominciai a fantasticar su ogne cosa.
Sulla maniglia vidi una man morta
Né d’arpia né di gorgone ma carne rosa.
Mi volsi a questa con spirto curioso:
“Chi sei tu che l’occhi su me posa?
Sei forse un diavolo, oh essere mostruoso
Venuto fin qui soltanto a darmi pena?”
“Taci stolto!”-disse lui- “mai fu più tedioso
Veder un uomo in preda alla sirena.
Mandato fui quaggiù dal Gran Consiglio
Per dar mio ausilio a te in notte plena”.
“Se vénia non accetti pel mio scompiglio
Almen dimmi chi sei, oh ignoto,
O se di me diffidi dì almen di chi sei figlio.
“In vita fui politico” – disse- “uomo noto,
Senatore a vita divenni pell’Italia
Chiamato fui per sistemar l’paese in toto,
Ma all’italiano è arduo far da balia.
Il mio nome al battesimo fu Mario Monti
Eletto e dato in fauci ad equitalia
Ma con forte pugno regolai li conti.
Feci una domanda che stroncò l’sorriso
“Onorevole, orsù può dir per quali fronti
Si sta volgendo il nostro viso?”
“Ma come?”-disse-“non sai per davvero
lo loco che espresse l’tuo deciso?
Ti prego, oh professore, son sincero
Non ho idea alcuna del loco ch’io pesto.
“Sono certo”-disse -“che dici l’ vero.
Prese la mia man in suo pungo e con sì gesto
Mi portò a passo lento a veder suddetto loco
Ciò che c’era da veder e tutto l’resto.
Camminando parlommi poco a poco:
“Rimembri codesta casa?” è Montecitorio
Nel quale invitai li “porci” a darsi foco
Che fecer del popolo capro espiatorio.
Idee divine spingean la mia ragione
Ma pe l’voler del ceto imperatorio
Rimaner la su più n’avea cagione.
Così diss’io: “Sciagurato sia l’paese
Che in simil tempo di crisi e agitazione
Con governi e istituzioni non ha intese!”
Guardommi da su a giù con occhio intenso
E a camminar e a parlarmi egli riprese
“Ora andiam da colui che con censo
Compro’ l’diritto d’omo di sceglier con giudizio
Chi deve governar e a chi dar l’consenso. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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