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Quieta è la Notte che geme in tempesta,
il dolce nuvolo mugge ancor più,
e ‘l chiar scosceso dell’orrida Luna
scende dagl’Angioli e balza quaggiù;
ed è la Notte matrigna d’un sogno
che vive morto in spento delir...
ed a quest’anima pinge un castello
dove m’acquieto nel truce morir.
Sono l’impronta d’un’ombra notturna
che soffia pallida pel cupo ciel,
e son la fronda d’un pioppo che ignudo
scopre a quest’orma un porto, l’avel;
e sono ‘l lugubre bardo de’i fiori
che in mezzo al verno sen vanno a ghiacciar...
e sono ‘l liuto ch’accorda lo strazio
d’un sognatore che brama spirar.
Sono l’incognito nome d’un vile
che ‘l ciel stellato ghermisce col pianto,
e son l’inospite core d’un folle
che ride in lagrime sopra ‘l suo manto;
e son l’amante del muto verone
che s’apre al vento d’un molle sospir...
e sono ‘l flebile labbro che bacia
un sen di brezze che vuole dormir.
Sono un poëta che pizzica ‘l liuto,
e canto mesto la blanda canzon,
e son la siepe che uccide i miei occhi
e grido blando per mesta passion;
ed urlo impavido alla tua requie,
dama dormiente su un mare d’Amor...
ed urlo naufrago coll’acque in gola
d’un mar d’un nembo ch’è Notte d’orror.
Urlo in singhiozzo dal tacito Nulla
che in sulle tenebre vola crudel,
ed urlo in pena tra l’aër che soffoca
il sogno placido di mia fedel;
ed urlo ai nuvoli colmi di pioggia
che le pupille m’astringono ancora...
ed urlo ai piedi di un’iride in fiamme:
la donna amata che qui m’innamora.
Canto in silenzio... e l’urlo è ‘l mio labbro
che mangia inquieto il simile suo,
e quest’è bocca d’un cigno donnesco...
e quest’è un pegno... il labbro ch’è tuo;
e canto un bacio schioccante dal cupo
attimo ignoto che presto morrà...
e quest’è un bacio che sfiora i tuoi denti,
e tu non mostri alcuna pietà.
Sono ‘l roveto nascosto da’i ghiacci
che non si sciolgono sul mio bollor,
e sono un vivido raggio di Luna
ch’offusca infausto un sogno d’Amor;
e sono l’orma confusa dal bruno
crine a caschetto d’un volto di Dea...
e sono l’anima che ride in pianto
all’aspra Notte ch’è sempre più rea...
e son mistero nascosto tra’i pioppi,
voto d’Amore che non si può sciorre...
e son cadavere d’un sogno incredulo
che muore ansante ai piè d’una torre.
Sono l’impronta d’un spettro notturno
che s’alza in sogno dal gelido avel,
e sono ‘l verme d’un incubo insano
ch’oscilla tremulo tra terra e ciel;
e sono ‘l funebre carro del sonno
che sen va al loculo d’un ansio mar...
e sono ‘l bardo che sogna una donna.
L’Amore è vano... è vano ‘l sognar.
Sono la pioggia che a goccia tintinna
dal nembo al ciglio, dall’occhio al tuo sen,
e son la pozza che trilla com’arpa
in dolce attesa d’un cielo seren;
e son chi dubita nel fioco affetto
d’un dubbio imberbe che un giorno t’amò...
e son l’arcano sospetto che sceglie
che presto o tardi per te morirò.
Mi sveglio tosto dal letto mio insonne,
tristo mi scivola il pianto al cor.
È tanto bella... non posso scordarla!
Eppur m’acquieto: è indarno l’Amor.
Oh Trovatore, la Vita prosegue...
ma tanto dolce quel sogno ti fu!...
Sono un poëta che piange alla Musa,
e questa Musa soltanto sei tu! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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