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«"L'Espresso" del 15 agosto 2013 (a pag. 79) presenta un interessante articolo, di Alessandro Agostinelli, sul ritorno del tema delle foglie morte in poesia. L'ultimo ad occuparsene è stato Prévert (da cui la famosa canzone), e prima di lui Ungaretti ("Si sta come d'autunno / sugli alberi le foglie") . Ma il ferrarese Corrado Govoni, tre anni prima, scriveva: "La morte insieme / come d'autunno d'ogni albero le foglie" . Del resto Dante, nel terzo canto dell'"Inferno", aveva scritto: "Come d'autunno, si levan le foglie / l'una appresso de l'altra, fin che il ramo / rende a la terra tutte le sue spoglie" . Però già Virgilio, nel sesto libro dell'"Eneide", si era così espresso: "Non tante foglie ne l'estremo autunno / per le selve cader, non tanti augelli / si veggon d'alto mar calarsi a terra, / quanti eran questi" . Conclude l'Agostinelli: "Cosa sono questi riferimenti? Omaggi o rapine nei confronti dei poeti precedenti, o ciò che gli italianisti definiscono 'riflessi fonici'? Cioè tracce di versi letti che tornano nella scrittura di ciascun poeta. In fondo nella retorica classica l'invenzione era cosa più vicina all'inventario dell'esistente che alla creazione dal nulla. Vale sempre, a questo proposito, un verso di Pasolini che dice: ' Io sono una forza del Passato / Solo nella tradizione è il mio amore' " .» |
Inserita il 11/08/2013 |
Se esiste il "déjà vu", di "déjà dit"
è pieno il vasto mondo di scrittori:
inconsapevolmente ciò che un dì
dissero gli altri noi tiriamo fuori.
Come certi paesaggi o una città
appena visti sono congeniali
allo spirito nostro, verità
nostre troviamo in scritti similari.
D’aver pensiamo avuto originale
idea, mai prima da altri posseduta:
scopriamo poi che essa era già usuale,
che l’abbiamo altrimenti ripetuta.
Ed anche quando a volte non troviamo
alcun riscontro negli attuali libri,
esso sta forse (questo immaginiamo)
ad Alessandria, dentro gli arsi libri. |
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