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«Sei terzine con rima incatenata che rispecchiano lo stile dantesco della Divina Commedia. L'ultimo verso è separato, come previsto da norma strutturale. Il senso è molto chiaro e meditativo per chi legge.» |
Inserita il 21/05/2016 |
Sovra d'un gran lapideo seggio assisa
se ne sta Morte in arrogante posa,
con alma placa e fronte non arrisa,
mirandovi alla meta d'ogni cosa,
a ciò che faccia preda per l'eterno
di magra sorte o d'una fin penosa.
Sul volto suo v'appare un lieve scherno
che prender vuol del dolo dei mortali
con le più acerbe pene dell'Inferno.
Vedendo approssimar pe' nostri mali
la fine di una vita 'sì malsana,
levasi a ritmi tardi e pur fatali
e poco lungi da colui s'intana
ch'a vivere non ha che l'ultim'ore
per rendere a giudizio l'alma nana.
Allora del Supremo egli ha timore
e pentesi dei mali ormai commessi,
ma già assai tardi se ne duole il core
e Morte accorre e fa che vita cessi. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Questa poesia, da me scritta nel 1964, fu inviata a Roma nel 1975 presso Palazzo Barberini dove si poteva partecipare al concorso di poesia sul tema: "Anno Santo 1975" e fu premiata senza alcuna classifica. Tratta un argomento ben risaputo in quanto personifica la Morte che accorre quando non c'è più alcuna speranza di salvezza per la nostra anima peccatrice.» |
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