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Le Silviae di paolo corinto tiberio(8 poesie)
Salvatico è quel che si salva |
«a! Corydon, Corydon, quae te dementia cepit?... a! Corydon, Corydon, quae te dementia cepit?... a! Corydon, Corydon, quae te dementia cepit?... a! Corydon, Corydon, quae te dementia cepit?... a! Corydon, Corydon, quae te dementia cepit?...» |
Inserita il 13/02/2014 |
"La crisi economica infiamma molti alla pastorizia,
ma la musa siciliana muta attraversa discariche e rimesse;
ordunque, poi che plastiche e rottami ci tolgono l'occhio,
perché non intoni un canto per l'orecchie?
Ad occhi chiusi, il dolce suono della zampogna
ci riporterà alla musa agreste, o Corintone"
"Che importa della zampogna? Per dove
s'espanderebbe il mio canto, dimmi?
Per stabule cementizie e capannoni forse?
Vagherebbe in orride cave, si snoderebbe
su fiumi putrescenti, in terreni chimici e sterili:
la musa siciliana è morta, o Nerio
e nessuno può risuscitarla!"
"Tutto ha un ritorno, questa terra si rinselverà
quando questa terra perirà; ritornerà l'uomo
cacciatore e poi pastore e dei pastori
la nostra Talia, alla quale offriremo
mele cotogne e canti"
"Le monoculture hanno scacciato i pomi nostri, Nerio,
tuttavia siederò qui con te, e tra zolle di mirìce e dolce citisio
canterò una novella che sembrerà una pestata di more"
"Le belle messi ornano i campi, il cipresso il giardino
i canti i banchetti; or canta Corintone, ciò che vuoi
qui per strada o tra zolle o al fresco di quei fitti noccioli"
"In verità ho la bocca consumata a furia di soffiare,
tuttavia sentirai cosa nuova: è ancora fresca la corteccia
di faggio dove l'ho impressa:
<<La musa siciliana infiammò la nostra ultima Talia,
e poiché trattavo mostri e fantasmi che infestano selve,
una pizia mi tirò le orecchie e "Fa" mi disse
"che il pastore pasca il suo gregge con canto adeguato"
Ed io, dopo aver rinchiuso iste larve nella magica sacca
che Blobbone e Filmino mi regalarono allorquando
nella silva seconda cantai di quel loro portento,
te, o Pan, con la mia fistula odorosa di miele
e con le mie caprette seguii, te, o signore del mezzo;
e tra querceoli, tamarischi e lecci, aspetto
barbaro e fosco, errando sulle tue vestigia caprine
vado di fratta in fratta cantando la tessitura storica.
Cominciamo da Giove, che fece pastori e selve;
ma poi che dal petto di Febo uscì la fissa struttura
e Stisicoro la impresse sulle cortecce elleniche
col bel Dafni morto per contrasto d'amore,
alle figlie di Zeus piacque sorvolare l'azzurro,
scendere in Sicilia e qui soavi melodie pastorali
sussurrare all'orecchio del siracusano:
nessuno, o Simichida, pareggiò con te in quest'arte,
né Mosco e Bione, né Meleagro dei versi rurali,
né Diodoro, né altri che spremettero ai bucolici favi.
Le Libetridi erranti posarono poi sulle rive del Mincio
dalle canne flessuose, e coronarono d'edera eccelsa
il pastore Menalka, signore del canto;
né l'Opuscola tua, o Sereno, né tu, Calpurnio
volaste sì alto, né Porfirio e neanche Ausonio;
ecco quattro are, due a te, o Simichida,
e due allo scuro usignolo di Andes:
su di esse una volta al mese una giovenca
sempre e crateri di grasso olio poseremo:
voi sarete sempre così onorati in ogni tempo,
in qualunque luogo sempre a voi leveranno
lodi i principi arcadi che onorano il Mènalo;
poi cantò Endelechio col de mortibus boum
poi cantò Algiberto, poi cantò Pascasio
e Metello che l'incipit profanò del toro.
Cantò tempo dopo in epistola il guelfo
a un rettore di sapienza ch'escludeva il volgare,
e l'aretino cantò il Bucolicum in dodici egloghe
Buccolicum più due ninfali il certaldese,
dodici canti di capri celebrarono gli Estensi,
e nel lamento d'amore del Corinto, Lorenzo.
Dopo l'Arcadia, pastori dai cuori svenevoli
"Per gli dei, da oggi, Corintone è per noi Corintone" |
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Antologia degli autori del sito Scrivere
Pagine: 132 - € 10,00 Anno: 2012 - ISBN: 9781471686061
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