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Sol d’amarezza abbonda l’esistenza
ché ogni dì travalica in sconvenienza,
il tuo distacco con la tua alterigia
dogliosa rendemi alma e molto bigia.
Io ti perdono per le offese avute
e tante, tante ne ho dimenticate
ma l’alma in duolo tutta, tutta brucia
e pace non ha più per persa fiducia.
Soltanto il tempo ch’è maestro in tutto
Cancellar può del male il nato frutto
All’anima dando perduta pace
E facendo sì che finalmente tace. (taccia)
La mente si domanda e non risponde,
si sforza, si contorce e non comprende
qual il motivo di tal noncuranza
allo troncare di gran buon’usanza.
Il fil che ci unisce resta sottile
forte, però, ch’è dello stesso ovile
ove restammo cellule viventi,
embrioni ed, indi, feti palpitanti.
Mai zuffa fu, mai paroloni furo,
affetto ci avvolgeva vero e puro
quando raccolti accanto al focolare
le fiabe si restava ad ascoltare.
Di botto, al male forte t’aggrappasti
e dal bene con furia ti scostasti
donando all’infestante erba ristoro
preferendola al sempre verde alloro.
L’esempio di Giuda a fondo seguitasti
Svendendomi come fece egli di Cristo.
Vile egli per pochi sporchi denari
tu, corrosa dal verme degl’avari.
Se alcun ti chiede di tale scenario
dici che regista sei di tal calvario
e ribadisci essere causa prima
e degl’intrighi e della persa stima.
Se, poi, t’incalza per la stolidezza
rispondi: causa riporto è su una pezza. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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