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♦ Pierfrancesco Roberti | |
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Aprile 2025 |
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 | Morire già di paura
abbracciati ai muri maestri
di quale vita
di quale immenso singhiozzo del tempo
morire di secondi
di passi
di incastri
e lesioni
e non sapere chi eri e dov'eri
da dove venivi
foga immonda
da quale fondo del cielo
da quale vagina o budella
ti sento ovunque
nelle gambe
nei lampadari
nei piedi che scrivono troppi corsivi
nell'aria
ti annuso
che mi sei
canaglia
e sorella
di sangue
e mi sei amica
nemica terra
per queste scale che non sono scale
e queste vie
che sono scabre voragini
e rughe
crepe nerissime della fame
che dondoli in faccia i palazzi
e urli nelle strade che m'inghiottono
la tua vera lingua
la tua vena rotta
pazzarìa
Scarpe e vestiti guadano la notte.
Il mio orecchio cardiaco spia.
I miei occhi
i miei occhi.
Tutto ciò che non abbiamo
che sta li
sotto i plaids
tra le parole e le mani
una casa macchina
Ti avremo nei denti
per sempre
staremo in guardia come cani da presa
costantemente all'erta
come la torre che resiste
come i ponti che attraversiamo
fuggendoti | 
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«durante il terremoto che colpì l'irpinia nel novembre del 1980 avevo otto anni. La mia città, Napoli, fu investita nella misura che tutti conoscono. Io custodisco tremendamente ogni attimo di quei spaventosi, interminabili, incomprensibili secondi.
Le immagini che scorrono sono il frutto dell'iniziativa del gallerista Lucio Amelio, che allestì terrae- motus, una mostra- evento, ora nella reggia di Caserta, anch'essa figlia di quel disastroso, tragico, ma pur sempre energico e vitale, momento.» |
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