Apro una ferita mai chiusa
la meschinità della mente umana
che odia senza alcun motivo
e fa morire
crudelmente.

E' sofferenza vivere la tristezza dell'ignoranza
che vuole cadaveri
i demoni della sua follia
proiettati nella vita
degli altri.

Si parla di tolleranza e di dignità umana
ma non le vedo
non le scovo da nessuna parte
se non in parole ariose
che dopo essere uscite dalla bocca
rientrano da qualche poro della pelle
e si rimettono al loro posto.

Ed intanto vivo la persecuzione della malvagità
per la mia natura diversa
e per la mia sensibilità
più profonda.

Vivo l'insulto quotidiano ed il marchio dell'infamia
dove infamia non c'è
se non essere vero e naturale.

Poi guardo in giro per le strade,
nelle case, nei cuori, nell'anima
di milioni e milioni di persone
per trovare cosa?
Lo sforzo di lasciarsi scivolare addosso
l'anima di un altro
che vive e sente in modi differenti
ma non sarà mai accettato
né capito veramente.

E mi accorgo di vivere la vita
come se fosse una partita,
un'eterna competizione
con la stupidità di limiti troppo definiti,
santificati, resi divini
dalla pura irrazionalità.

Mi accorgo che anche se il tempo passa
il nocciolo è sempre quello
mentre la polpa si sacrifica
ai denti dell'ipocrisia.

Così non chiedo più niente,
non voglio più niente
se non
essere da tutto molto distante
e vivermi il tempo concessomi
tra me
e la mia vita
che è solo mia.