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Ascoltare solo un mucchio di frasi
spente sulle labbra
di questa città
che si apriva, solamente, con la sua malinconia
sotto questi cieli grigi,
indecifrabili,
con lo scrosciare delle piogge acide
che ci logorava e ci trasformava,
che ci faceva bere al solito bar
solo un mucchio di contraddizioni
emotive.
Scagliavi contro le mie finestre
delle piccole lacrime
che sfondavano i vetri,
bel modo per dirmi che eri,
soltanto di passaggio,
nel mio cuore.
E continuavi a ripetermi che:
"L'amore è una bestemmia
graffiata sul muro di una prigione",
e ci eravamo solo imprigionati
senza graffiarci
le mani, e i tuoi diamanti
e i tuoi amori irregolari.
E le nostre palpebre cariche di brina
perché c'eravamo addormentati dopo un cinema
che volevamo fare un film,
che volevamo vedere a tutti i costi
i poli artici.
E i nostri aliti freddi,
i nostri sguardi fragili
che si frantumavano al passare
delle insegne della pubblicità,
che volevi essere come quella modella
fotografata solo per dare spettacolo.
Scandagliavano i fondali degli oceani
per cercare di assimilarci
a gabbiani cinici affamati
di abbracci mutevoli.
E m'insegnerai a guardarti
dalle prime file di un vecchio teatro
a recitare la tua opera,
eri bella al calare del sipario
che dal tuo seno uscivano serpenti,
dalla tua bocca uscivano profezie:
di amori come di guerre,
le nostre.
Ti guardavo scivolare il rossetto
che portavi la sera della prima,
in televisione, che ti truccavano gli occhi
per renderteli meno veritieri,
sintomi da spettacolo.
Ti guardavo sorridere quando avresti voluto
urlare alle telecamere
che non sei stipendiata
per gli straordinari;
a parlare delle catastrofi naturali,
dei ghiacciai che si disfano,
delle meteoriti che raggiungono qualche New York
nella galassia,
che il nostro è un amore nato in qualche fabbrica,
che le tue lenzuola le devi cambiare ogni settimana
perché è un accampamento nomade
di pensieri.
Quelle sere fredde nei giardini dei condomini
con le nostre felpe bianche
autografate dagli stilisti,
a stringerci le mani che non ci guardavamo,
ma guardavamo i tramonti, le nostre sono solo
spedizioni di parole
su qualche stazione spaziale
che coloravano gli universi.
Nubifragi e rivoluzioni,
canzoni e poesie
per le strade di questa città che si
lacera al passaggio dei tuoi tacchi alti
sui marciapiedi,
e io che ti vedo scivolare piano dalla mia finestra
dove gli aloni formatisi con l'umidità
scrivevano la parola: "successo." |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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