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| Alzo il mio capo e scorgo la luce
la inseguo, la mordo, la ingoio...
Su! Le spire salgono
ed io mi accorgo del calore
in fondo, sino alla coda
che scodinzola impazzita!
Su! Verso l'etere
per incantar le ali degl'angeli.
Senza ali io volo.
Senza piedi, io corro.
Afferro il raggio
che Icaro per sempre ha segnato,
ma non mi brucio.
Godo del suo giallo acceso
e come pitone m'avvolge
mi stringe
ed io mi sento amata.
Non sono più una condannata,
ma libera, figlia del vento
striscio le mie spire
nell'etere mio amico incantatore.
Sinuosa la mia danza della vita.
Sinuosa l'onda del mio ventre.
Metamorfosi d'un ibrido
che palesa la sua voglia
di vincere la resa!
Invoco la giustizia
e me la prendo col gesto della V
che due dita immaginarie
disegnano s'un cartoncino
attaccato al muro dell'esistenza,
col chiodo della mia coscienza!
E sia... E sia... E così sia...
Un passo dopo l'altro,
nella salita verso la vetta:
fra le braccia di Nettuno
in fondo al mare
negli abissi dei coralli,
negli abissi dei cerchi d'acqua.
Sarò tua, Nettuno,
per servirti
negl'abissi del possibile...
I miei cerchi d'acqua
saranno i tuoi giochi più lieti,
nei momenti più cupi.
Coi miei gesti ti sarò grata
ché sirena m'hai fatto
e felice rinasco a vita,
fra le onde copiose del tuo cuore.
Sarò l'ondina sul letto del tuo mare.
La spora
fra le alghe ondulanti della tua dimora.
Sarò un battito di ciglia
p'addolcir l'acqua
quand'è troppo salata,
a dir tuo...
Sarò l'ugula d'ro
nei tuoi fastidiosi silenzi
ed il silenzio sornione
nei tuoi spazi affollati...
Accoglimi fra le tue pinne
e passerò la vita ad adorare
te ed il tuo regno del mare... | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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