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«Sicuramente questa poesia non sarebbe mai nata se non avessi ascoltato, negli anni Settanta, la canzone "Il manichino", cantata da Gino Paoli (e successivamente la versione originale, in castigliano, di Serrat): più spesso forse è una poesia che può ispirare una canzone, ma a volte accade il contrario... Tuttora mi emoziono quando riascolto quella canzone che, nella sua eccentricità (un uomo che, lo sappiamo, stanco di storie d’amore finite tutte male, ruba un manichino, del quale si è stranamente innamorato, da una vetrina, salvo essere poi arrestato, qualche giorno dopo, dalla polizia), anticipa di quasi mezzo secolo vari temi sempre più attuali, come l’incomunicabilità, il feticismo, la vita artificiale. Quei "manichini" hanno sempre più invaso la società: non è a dei manichini, ad esempio, che un uomo si affida quando guarda i filmini su "You Porn", quando usa smodatamente il suo telefonino, o quando viaggia all’estero in luoghi scelti quasi a caso, soltanto per regalarsi qualche futile emozione? E, in fin dei conti, non si fabbrica da solo un più o meno freddo manichino anche il poeta, quando scrive una sua poesia? Così ormai noi tutti, giovani e meno giovani, siamo destinati al "carcere" in cui finisce il protagonista di quella canzone, un carcere costituito dalla crescente mancanza di empatia, dall’isolamento e dall’intuizione della sostanziale banalità della vita.» |
Inserita il 26/06/2019 |
Tutti quei manichini che comprammo
nelle vetrine dove del tepore
illudendoci a volte noi cercammo,
tolto hanno dalla vita lo spessore.
E l’infelice azione poi pagammo,
le deviazioni di quel nostro cuore
che volle per sé oggetti che non hanno
in sé nessun intrinseco valore.
Nel consumismo falso noi cademmo,
in cose che non danno alcun amore,
e dissonante vita poi vivemmo,
dipinta con un futile colore.
Senza gli affetti in carcere finimmo,
nel carcere che chiude con rigore
le porte alle visite che ambimmo
vanamente ricever con calore. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«La poesia è una personale interpretazione del testo di una bellissima ma (forse proprio per questo) dimenticata canzone del catalano Joan Manuel Serrat, poi resa in italiano da Gino Paoli con il titolo "Il manichino" . E’ la surreale storia di un uomo che, abbandonato dalle sue amanti, per sostituirle ruba un manichino, infrangendo la vetrina di un negozio. Viene scoperto e recluso in prigione, dove i suoi amici vanno a trovarlo "di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno... "» |
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