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Un uomo di cavalleria.
Un veterano dei suoi tempi corso alla ribalta
del fango e del sangue scalando volti.
Un uomo intrepido a suo tempo,
decorato e valoroso fra molti - distintosi
per essere tornato;
Quanto ardore scherniva il "nemico"!
quanti sussulti e corni alla carica...
dovevi possedere un corpo da Golia
nell'esaltazione della mischia
sicuramente mostravi un'ardore favoloso
brillanti lustrini e scartoffie a provarlo.
Che pena mi fa ora la tua goffa condizione
- gambette minuscole esangui e inferme
il fiato traviato dal tempo: sempre esalato, più flebile;
Quanti anni sono trascorsi compagno di stanza?
Molti, e altrettanti me ne hai descritti.
Quante aquile meritò quell'intrepido balzo di scherma?
quella follia ardita in mischia non valse poi l'eternità del corpo;
fantasmi indaffarati e iracondi
ti assecondano come un burattino intontito.
sento rivivere nelle poche veglie notturne
bombarde e bordate; chiami e ti avventi come un bimbo alla vita...
il mio rimpianto è non esserti complice di conforto,
il mio limite: la tua condizione esasperante.
Meriterò mai le tue glorie, i tuoi stenti?
Di certo no.
Capirò mai il rantolo che spiri al nipotino lontano?
mai per davvero.
Il mio cuore piange ciò che ci spetta e tu già mostri.
Avrò la forza d'esserti pari nel sacrificio, nel coraggio?
Di arrivare almeno al tuo inglorioso traguardo?
Mai, compagno (ahimè debolezza!)
rifiuto il demone che ti ha aspettato
e questi ultimi storpi addii. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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