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Immensa la Notte grida alle Furie,
possente nel silenzio del riposo
ove il frutto del docile ciliegio
l'accento non volge più del sapore
ai fiori e alle querce di questa valle,
né sa né naturali cangiamenti
divenir amarena, cader secco
e ridonar radice a nuova pianta.
S'è spento il focolare delle ville,
la bianca colomba che riede al nido
con dolente guardo e becco affamato
non vede più la bionda e cara paglia
che, plasmata un dì tra terra e saliva,
fu desco e cuna de' suoi bei piumaggi
e della sua prole adesso perduta.
Rossa di sangue la Luna riluce
e col sangue commòve i nostri mari
ov'anche la più picciola onda ha prezzo
nell'eterna e tremenda esaltazione
di quell'ignoranza che sta gradita
alle menzogne che il vero coprono.
La nostra storia non è più la Storia,
i popoli non hanno più alcun volto.
I sacri confini de' nostri regni
schiavi sono, e all'asta stanno per oro;
e per oro valgono le battaglie,
le rapine alla Pace degli uomini,
e il mercatante diventa divino.
Dalla gloria della Vita cadiamo
e ci appoggiamo sul volto del Nulla
or senza certezze, or senza futuro.
Ma scenda dal Cielo fresca rugiada
a empir d'acque la violetta sbocciata;
nel culmine della tempesta ansante
solo la pioggia monda il sangue fulvo
che coi lampi e coi tòni cola per noi.
Pace! Pace! Genio immortale,
tu che le piogge in Ciel governi,
e folgore ridente, e strale;
tu che nel destino discerni,
e le sfere del Cielo reggi,
e i nembi di candor macchiati,
e l'iri del dì; tu che leggi
il core dell'uomo e la mente,
l'ombra d'atòmo e il ciglio affranto
fa' che da Te tepidamente
proceda il sereno tuo incanto,
premio all'ostie dell'aspre guerre
e dell'empie gesta dell'Uomo.
Fa' che il desir su queste terre
di sangue per sempre sia domo,
per sempre come nel mantello
della tua immensa Eternità. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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