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Mentre il nano si dirigeva
verso il riflesso della luna,
sorridente e ebbro di felicità,
gli alberi gli sussurravano storie
di antichi riti, di fuoco, aria e sesso.
Il nano le sapeva già quelle storie
di ambra sciolta sui seni,
di elfi e gnomi che mangiavano bacche
e di cervi curiosi, nella notte.
Lui sorrideva ma non era interessato,
solo nella caverna di cera
si sputò sulle mani e si mise al lavoro
col piccone, di buona lena.
Quando la nave fece vedere le sue luci notturne
la luna era già calante. Un fuoco freddo
era al centro della foresta, a riscaldare ombre
e gli uomini con le maschere.
Il nano riempì la carriola di cera e speranza
e ritornò verso casa passando davanti
al fuoco freddo e lo alimentò con cera masticata
senza badare alle ombre e alle maschere.
Non ricordava altro che il suo ricordo,
ed era il suo presente e sperava divenisse
il suo futuro. Non si accorse che lo spirito della foresta
gli stava regalando questa illusione.
Dalla barca un marinaio triste
guardava la sua riva
e immaginava il suo bosco vivo.
Nel frattempo una goccia di giada fusa
scivolò sul viso del nano; si sa,
a masticare cera si diventa tristi,
guardando il mare e sperando di essere
un marinaio triste che guarda verso casa.
Ne aveva di cera il nano,
non poteva perdersi il passaggio della barca
i cristalli di luna sul mare le facevano strada
e i ricordi scivolavano silenziosi, come gocce di mare,
di giada fusa, di lacrime . |
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