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E tu in quel letto di dolore
divorata da un tumore;
non parlavi di vestiti
attaccata alla fleboclisi.
Prima eri piena di pensieri,
ora solo di infermieri;
tra brividi di freddo e di sudore
imploravi il nome del dottore.
Non c'ero io a tenerti la mano
mentre morivi piano piano;
non c'era neanche tuo marito:
il brav'uomo era sparito.
Diceva che non ce la faceva,
a vederti spegnere come una candela;
così con mossa molta astuta
si consolava con una prostituta.
Quanto tempo siamo stati insieme,
anche se quel tempo non ci appartiene;
e figli, no, non ne abbiamo avuti:
tu non ne hai mai voluti.
Ma un amore nato a scuola
non vale neanche una parola;
io ti dicevo che ti adoravo
tu soltanto che ero bravo;
e poi un giorno da mio nonno
ci siam destati da quel sonno,
abbiam riposto le parole
e abbiamo fatto l'amore.
Che cosa strana è cominciata
in mezzo ai campi e alla rugiada;
ma quella storia poi è finita
davanti alle scelte della vita:
tu che mi parlavi di successo
io che scrivevo per diletto.
Tu che facevi la modella,
sfilando sulla passerella;
tu che poi lo hai conosciuto,
vent'anni in più, tarchiato e irsuto;
però ti sapeva ascoltare
fra una sfilata e un baccanale.
E quando un giorno ci siam rivisti
in una Londra per turisti
hai voluto rinverdire
antichi fasti, antiche ire
e ci siamo trovati a letto
e ancor parlavi di successo.
E poi più niente, anni interi
in cui eri solo nei miei pensieri;
all'improvviso il tuo nome sul giornale
"Famosa modella sta molto male".
Non mi han neanche fatto entrare
in quella stanza d'ospedale;
in compagnia del successo,
sei morta sola in quel letto.
Poca gente al funerale:
le tue amiche avevano da fare;
è una storia senza morale,
per chi non so dimenticare;
per te questo è il mio epitaffio,
tu, il cui nome è sul mio cuore...
...un graffio. | 
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| Joko |
28/07/2011 03:07| 939 |
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