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C'era una volta un piccolo ranocchio
e non si può dir che fosse una bellezza
per scherzarlo lo chiamavan Scarabocchio
ma a guardarlo bene faceva tenerezza
aveva due occhioni, belli e assai sporgenti
il mantello era verde lucido e splendente
e sebbene il suo sorriso fosse senza denti
la sua mamma sapeva che era intelligente
ma tutte le ranocchie lo lasciavano in disparte
perché l'intelligenza mai si fa vedere
e lui che ai loro giochi non prendeva parte
aveva dentro sé un certo dispiacere.
Un giorno le ranocchie in cerca d'avventure
vollero esplorare un bosco più lontano
e gracidando si avviaron un po' troppo sicure
che avrebbero trovato un altro bel pantano,
Scarabocchio poco indietro seguiva le sciocchine
e loro, le superbe, gli dicevan d'andar via
ma lui che della fiaba volle scrivere la fine
continuò a seguirle per tutta la poesia.
Giunsero quelle nei pressi di un laghetto
e senza guardarsi con prudenza intorno
dentro si tuffaron per fare un bel bagnetto,
ma un ramarro a digiuno già da un giorno
si preparò a gustare quel facile pranzetto
e con la lingua lunga si avvicinò alle rane
pronto ad inghiottirle una dopo l'altra,
urlando dal terrore e piangendo da fontane
allertarono il ranocchio che con mossa scaltra
salì con quattro balzi sull'albero più alto
e fortuna volle, si trattava di un castagno,
raccolse tanti i ricci e con l'ultimo salto
proprio dalla cima, appeso come un ragno
cominciò a tirarli sulla testa del ramarro,
il lucertolone venne centrato in pieno
punto dalle spine e offeso dallo sgarro,
anche di appetito sentì di averne meno
rinunciò al suo pasto e di corsa via fuggì
portandosi un bel riccio al posto del cappello
cercando di scrollarlo un poco via da lì,
che s'era conficcato sopra il suo cervello.
Il nostro bravo eroe che le rane avea salvato
dovette consolare quelle povere tapine
che dopo lo spavento ben l'hanno festeggiato
facendo a Scarabocchio un sacco di moine.
Tornò quindi la brigata allo stagno più sicuro
il popol degli anfibi seppe dell'impresa
e tutti rispettaron quell'eroe dal cuore puro
che invece di fuggir era corso in lor difesa.
La morale della storia, non fermarsi all'apparenza
una qualità nascosta può esser la migliore
è meglio approfondir di ognun la conoscenza
che giudicar soltanto l'aspetto che è esteriore. | |
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