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Ho sognato piccole lucciole argentate
fiancheggiavano il sentiero oscuro,
l'uomo invisibile mi bendava gli occhi
con i suoi palmi inesistenti.
Calpestavo crani abbandonati da chissà quale mente,
oltrepassavo sterco inodore
ammassato imperturbato da chissà quale oscenità solenne.
Lottavo con i battiti accelerati del mio cuore
per donarmi lucidità.
Ero nel selciato del Dio morto per incredulità.
Così bendata come la dea della fortuna,
ma con l'infelicità nelle tasche
ero dolcemente mostruosa.
L'uomo senza identità corporea che plagiava il mio viso
emanava aliti abissali, morte e silenzio.
Tutto così tetro
eppure tutto così affabile.
Ero nel selciato del Dio senza più un credo.
Stranita e ceca sussurrai all'uomo senza ombra:
"Quale via lo ha portato nel mondo senza luce?"
Ma non ebbi alcuna risposta.
L'essere non aveva bocca.
Dio era inerme
come un vecchio bambino stanco della vita
era gettato tra l'edera senza più colore.
Ingoiavo il cuore
che avrebbe voluto fuggire lontano
da quello spettacolo ammaliante.
L'uomo dalle vesti di Ermes si sedette al mio fianco,
mi invitò ad ammirare quel che restava di Dio:
gettato ed il mezzo volto illuminato dalla luna.
Le mie corde vocali si mossero:
"Come può Dio smettere di credere in se stesso?"
Il Dio vegetale penetrò con il suo sguardo ogni mio organo,
mille brividi di freddo trapassarono ogni mia cellula.
Poi nascose il viso nell'ombra smezzata della notte.
Tacque. Non ebbi mai risposta. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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