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Beh, damece da fa,
- disse la vorpe ar cane -
prima ch'er contadino
ce acchiappi cor pollame.
Una gallina a me,
una gallina a zio
e questa perch'è dispara,
me la ripappo io.
A te che sei pesante
e fai fatica a scenne,
te fo regge li zampi,
la testa co' le penne.
Er cane disse: Ferma!
'ste cose nun se fanno,
se nun spartimo bene
guardate che ve scanno!
Vabbè – fece la vorpe –
non c'è preoccupazione,
vor dire che faremo
un'altra spartizione.
Allora... a me li polli,
a te che Dio ce scampi,
te do tutte le penne,
le teste co' li zampi.
Già che mo' 'namo mejo,
- fece er cane- è più esatto,
ma pure st'altro conto
me lascia insoddisfatto.
Senteme commare,
me sarai più cara
se tutta 'sta faccenna
la mettemo para.
Sei proprio un egoista
- disse la vorpe ar cane -
se te do 'n'altra cosa,
a me che me rimane?!...
Allora... a me li polli,
a te le penne e ancora,
te ce do li zampi
e quasi stemo fora.
Le penne te l'ho date,
li zampi ce l'hai tu,
te pji pure le teste
e 'n se ne parli più! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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