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In ottemperanza all'ignoranza
figlia primogenita della superbia
che sovrana regna e illiberale opprime
nel mio carapace protettivo
spesso mi rintano, la mente e il cuore
da bulicami verbosi deluso ritiro.
A che parlare a sordomuti
di intellegibile e difettivi di amore
a che raccontare le vicende
che l'animo vivendo seguì e intese
innocente per naturale inclinazione?
In stupidenti conversazioni
vale il si dice, l'infondato sostenere;
le ciarle stereotipate e pompose
dominano il palco del parlare
sullo scenario gli intrattenuti balzano
da un blabla all'altro somarizzati.
Il comunicato che non si trasmette
verità e bugie che si fanno sinonimi
sguardi innocenti concepiti lascivi
moti spontanei e sguardi umani
oltraggiati da insulti di mali pensieri
hanno eccezione di distinguersi:
spalancano sospetti o fanno scandalo.
Si cova il peggio, si insinuano malizie
si deturpa e si offende il nudo e crudo
stupidità maligne sgorgano selvagge
il pudore, estinto per taluni
o fuori moda, è appena ricordo.
Pur se non interrotto il filo teso
tra emittente e ricevente non conduce
disturbi impedenze e interferenze
sulle frequenze in chiaro alterano
o sfasano ogni significo dialogico.
Scaraventato nel pattume ti indigni o taci.
I pappagalli sul trespolo parlano parlano
ispirati dal loro incrostato acquisito!
Che ci fai allora in mezzo agli invasati
schiavizzati da limiti cognitivi
e abbarbicati su dogmatiche opinioni?
Non sai raccontarti perché non li somigli
l'egolatria diffusa filtra e oscura l'autentico
che tanto ti accalora e lo sostituisce
con la sostanza che la nutre e l'accresce.
Si sa che perdi punti se vuoi distinguerti
da un involgarire a tutto spiano
e così uno spennamento ti atterra
un farnetico asserire gratuito ti sommerge
al lazzaretto gli untori inorriditi
da chiazze di chiarore e di amore
ti hanno già trovato una sistemazione!
Ma che colpa imputare al volgo
se libero o per voglia di dire compiuto
mezzo bambino o forse pazzo ti imbuchi
in una gabbia da dove non puoi più uscire?
Allo spaccio dei malintesi e delle panzane
ognuno acquista e vende ciò che gli pare
si ingolfa di non senso e strabocca di inezie.
Non si smorza il fuoco dell'ignoranza percettiva
se l'asineria ti lambisce l'ustione è sicura
se nel suo raggio d'ombra indugi incenerisci.
Ci scambiano per altri senza neppure scusarsi!
Pur simili, chi ha detto o immagina
che si debba poi tutti essere uguali? | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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