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Non posso restare nel gregge
belare quando è il mio turno
brucare le erbe del pascolo
che un pastore per me ha scelto
bere l'acqua fecale di pozze.
Non posso farmi tosare
quando ho freddo e gelo
o nell'ovile spinato
al sole restare sdraiato
o a prendere calci
dal simile che mi sta accanto
per un nulla inebriarmi di passione
o ascoltare brontolii intestinali.
La media fra tutto e niente
indecifrabile è appena sopra lo zero
e così tra quiproquò esistenziali sopravvivo
ma non posso non sognare e volare
se non voglio vivo morire
qualcosa deve il cuore spronare
o far sorridere l'anima mia
una robusta ragione per decollare
oltre il letamaio che mi toglie il respiro.
deve esserci ancora.
Devo dal pestifero andar via!
Devo perché qualcosa mi accada
o sarò perduto; passi di allegria
o brezze di essere qui non arrivano
anche se sorprendente
l'immaginazione talvolta li finge.
Non avete pena di me stelle argentate
non mi commiserate per quello che mi manca
per le pastoie che mi vincolano?
Fatemi pazzo di inappartenenza
lontano io vada e abbandoni solerte
il senso perduto di uno scorrere
di vacui avvenimenti e prolissità vane
una luce mi catapulti oltre il farnetico...
Incontabili stelle da tanto voi brillate
a me appena resta qualche giorno:
la stanchezza di essere si avvicina
le forze si fanno sempre più deboli
flaccide le gambe, curva la schiena
una postura mi deforma si fa dolore
se costretto resto in un tugurio
che non ha passaggi di luce.
Al paesaggio di verità e conoscenza
corra un me libero da lacci e nodi
raggiungerò cose mai raccontate;
illusa ragione e ricaricato il cuore
scopra una verità verginale oltre
il buio il vuoto e il niente e mi fidi...
Da scotti di silenzio carbonizzato
non mi accolga un domani
per generosità d'oblio qualcosa di me resti
il Tutto, omessi gli sgorbi, decifrato risulti. | |
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