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«Non ricordo se, intorno al 1970, scoprii prima De André o Brassens: forse contemporaneamente. Entrambi mi sono sempre piaciuti, ma francamente di Brassens riascolterei anche la meno riuscita delle sue canzoni, mentre certa produzione di De André non mi risulta del tutto congeniale. L'importanza di Brassens per De André è messa in risalto, tra gli altri, da Luigi Viva, nel suo libro "Non per un Dio, ma nemmeno per gioco", ed. Feltrinelli, 2003. Alle pagine 60 e 61 si può leggere: "A Georges Brassens (...) va indiscutibilmente ricondotto, a livello di formazione, il futuro artistico e politico di Fabrizio De André. Ascoltando la sua musica, studiandone i testi, documentandosi, Fabrizio comincerà a sentire sempre più vicina la straordinaria commedia umana delle canzoni di Brassens, nonché il suo esacerbato anarchismo. (...) Fabrizio rivedeva il mondo cantato da Brassens nei carruggi di Genova, in quei personaggi che ritroveremo in seguito nelle sue canzoni. (...) Nei primi anni l'influenza di Brassens si avvertirà anche dal punto di vista musicale. Le tre culture che si intrecciavano in Brassens, la mitteleuropea con il valzer, la francese con la giava e la napoletana con la tarantella confluiranno anche nello stile di Fabrizio. " Dopo essersene un po' allontanato, si direbbe che, alla fine della vita, De André abbia voluto di nuovo raggiungere Brassens, morendo quasi alla sua stessa età, e per una malattia simile.» |
Inserita il 28/05/2015 |
Chi dice che Fabrizio sempre è stato
un assoluto genio, da che è nato,
forse non ha mai letto né ascoltato
niente di ciò che Georges gli ha regalato.
Vivere non si può senza maestri,
incanalare le impressioni e gli estri
senza una guida solida e sicura,
che dia lezione certa e duratura.
Ed a tua volta tu, mio Brassens caro,
prendesti spunto dal valore raro
dei grandi tuoi poeti conterranei,
e non soltanto dai contemporanei.
Non disdegnasti certo mai la rima,
che spesso oltralpe ancora si declina,
né l’attenzione assai particolare
per l’antico poetare medievale.
L’arte non è questione di un momento,
ed ha bisogno di raffinamento,
e tu, limando, quelle tue canzoni
buone rendesti per mille stagioni.
Più l’amicizia, forse, che l’amore
rappresentasti col tuo grande cuore,
che per prodiga Jeanne si commoveva
e il Paradiso per Léon voleva.
Ciononostante, il sesso femminile
ricevette gli omaggi in grande stile
dalla tua voce e dalla penna fine,
dalla canzone semplice e sublime.
Comprendesti senz’altro che la guerra
qualunque uomo afferra e poi sotterra,
e che rivoluzioni preannunciate
tolgono vita a chi le ha programmate.
E tutto questo e molto altro ancora
formò quella tua arte, che avvalora
l’intelligenza umana, coniugata
all’espressione un poco elaborata.
Fabrizio, senza tema di smentita,
se parlava di quello che è la vita,
migliore aveva esito, riuscita,
seguendo ciò che ancora Georges ci addita. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Nella produzione artistica di Fabrizio De André, ritengo migliore quella iniziale, in cui il nostro pur grandissimo cantautore si ispirava (e a volte traduceva) alle canzoni di Georges Brassens.
Alcuni tra i numerosi riferimenti alla discografia di Brassens.
Sesta strofa: a "Jeanne" e "Le vieux Léon";
settima strofa: a "Saturne" e "La complainte des filles de joie";
ottava strofa: a "Les deux oncles" e "Mourir pour des idées".» |
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