Era una sera di fine estate,
settembre se ne stava in piedi
con le mani dietro la schiena,
fumando camel blue
sul suo balcone immaginario
e semplicemente...
guardava lontano.
Aspettava il suo tempo.
Incerto anch'io,
cercavo di non fissarla,
mentre fissava il libro
che teneva nelle mani.
Cercava le parole giuste.
Le parole che poi non servirono.
Il silenzio era in ogni dove
e le cose sembravano
proteggersi l'udito
per non sentirne
l'assordante frastuono.
Avevo in mente
la paranoia delle onde.
Un male piacevole,
muto, triste, disperato,
un orgasmo inedito
causato dallo stupro.
-Dimmi addio- volevo dirle
-Dimmi addio
e ti amerò per sempre-
Fu come se mi avesse sentito.
Le cadde il libro,
eravamo affacciati al tramonto
e una brezza improvvisa
venne per contraddire
e sfoglio lentamente le pagine, il vento
con le sue dita invisibili,
lasciò evadere tutte le parole,
le parole rinchiuse
nella galera di quei fogli.
Poi si fermò
e si frantumarono i miei occhi
sul titolo che il vento stesso
scelse per l'addio:
"Se tu mi dimentichi"
Erano le poesie di P. Neruda
e mai dolore mi fu più caro
del retrogusto dolce, amaro
di quel discorso così intenso
che io e lei tacemmo.