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Di vuote parole era piena la stanza,
satura di sole e della tua tracotanza;
tu parlavi, parlavi, senza dire niente
abiuravi il passato, il futuro, il presente.
Di squallidi miti avevi piena la testa,
quelli da indossare nei giorni di festa;
mi parlavi del mondo composto di gente,
dicendo chiaro e tondo che non valeva niente.
Come l'amore fra noi, che stava morendo,
non ci sarebbe stato un poi, tutto stava finendo;
e agonizzava da ore, in quell'ambiente disadorno,
dove un forte dolore ci faceva da contorno.
Un addio che troppo spesso era stato rinviato,
resisteva un po' il sesso, il resto era tramontato;
e adesso tu mi stavi sbattendo in faccia
tutti i tuoi strali, misti a dolore e rabbia.
Emozioni finite, tranne l'ira che resisteva,
le nostre inutili vite e un amore che si perdeva;
niente pianti né singhiozzi, sarebbero serviti a poco,
ti guardavo negli occhi e vi trovavo il vuoto.
E quelle mura d'attorno sembravano volerci dire
che già il prossimo giorno avremmo visto le ferite;
ma ora era tempo, solo tempo di andare via,
questione di un momento, poi saresti stata nostalgia.
Un veloce saluto, senza più nulla da dire,
questione di un minuto, e poi, via, sparire;
occhi negli occhi, ma non più mani nelle mani,
sarebbe stato da sciocchi immaginarsi un domani.
E così me ne andai, uscendo in modo civile,
ma poi sai, quando fui giù nel cortile,
mi trovai a ripensare a tutto quello che c'era stato:
ora era solo ombra, nebbia, tomba: era solo il passato. |
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Joko |
28/04/2010 17:49| 2749 |
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«Penso sia una storia come tante, che probabilmente non meriterebbe neppure la lieve fatica di essere messa in rima. E' la storia di un addio, per incompatibilità, incomprensioni, per esaurimento del sentimento. Niente di più, nessun messaggio di trovarci, solo la presa di coscienza che la vita è in continua evoluzione.» |
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