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Vò vagando solingo e sconsolato
pell'erme e silenti contrade
che, sotto il Sol còcente del mezzo dì,
mi palesan graziosamente
della Natura i bei volti rinati,
l'allegre tinte, i profumi e le beltà
che dolcemente rifioriron
all'ombra dell'egida primaveril...
all'ombra d'un ciel più limpido,
più prospero, delizioso e sereno,
più generoso e men severo.
Sìccome festanti e baldi violini,
sìccome simpatici flauti,
i cinguettii contenti degli augelli
con cor sereno e felice odo;
e già il mio udito, il mio prudente ciglio
perdesi nell'impeto arcano
dell'immanenza naturale e santa
d'un'assoluta dolce Possa,
quand'ecco sublimarsi questo sentir,
questi sensi, questi diletti
ne' pressi d'un ermo e pudico pesco
ch'ai nembi dolcemente porge
le rifiorite deliziose fronde,
covo del nettare e dell'api.
Mentre canta il picciolo beccaccino
che di larve e semi fia questua
all'agro appena smosso e fecondato
dall'operosità dell'uomo,
fermo allora il folle cammino errante
e dianzi alla fiorita planta
con decisa felicità mi pongo;
e vò ammirando dolcemente i volti
de' piccioli e delicati fior
i qual giacciono immobili e securi
accarezzati dai zefiri,
e baciati lievemente dall'api
che hanno sete della lor linfa.
Quai sensi!... Quali belle e dolci tinte!...
Petali fini e vellutati
che sfumati d'albo, rosei si schiudon,
porgendo al ciel sereno e baldo
i graziosi e ben decorati stami!...
Pio Universo concertante
di verdi foglie e di giocosi fiori...
Baccanale sentimentale
di mai provate forti sensazioni...
di mai provato allegro sentir!
A un di que' rosei fiori il guardo affiggo:
l'ammiro deliziosamente
affinché io possa discernergli il core
e l'ascosto spirto di Gioia.
Oh Ciel!... Che fia?... La mia impavida mente
già perdesi in un pio vagheggio,
onde quel fior fissato si fia un volto...
un volto femminino e caro
che coi biondi capelli e il ciglio azzurro
va rammentandomi l'Amore
che da sempre cerco, e da sempre non ho
in colpa del truce Destino,
fonte per me che spreme inquietudine
e viver solingo e dimesso.
Negli stami veggo le rosse labbra:
sembrano chiedere a me un bacio.
Che fio?... Dischiudo il labbro voluttuoso
e seguo con esso baciando
le forme nuove che nel sogno beato
han preso baldanti gli stami.
Immantinente la mia mesta bocca
d'un succo amaro quale il fiele
s'empie nel nome d'una Speme morta.
Eppure tra l'aspro e acro sapor
discerno contento e rassicurato
lo zucchero dolce e estatico
d'una dolce pesca che presto sarà. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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