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Tra uno stuol spesso di preti briganti,
tra una legion di mercenari pazzi,
cavalcava con pomposità e vanti
il buon vescovo dedito ai sollazzi;
e andava palesendo il muso duro
verso la contea di tai disgraziati
che il parroco avean appeso al muro
per metter mano ai suoi soldi dorati.
Era una maraviglia... un vero Adone!...
Per fortuna è proprio rara tal beltà!...
Il suo viso era infatti un gran melone,
e il naso suo una pera di vanità.
Porgea il ciglio grigio fuor dell'orbite,
e cadean l'occhiaie sulle labbra secche.
I denti gialli, le spalle torbide...
e celato da vesti pien di zecche
ecco del ventre la ripiena botte.
Era da mirarsi! Un vero cavalier...
una gazzella per tranquille motte...
un celere e inconfondibile sparvier!...
Giunta in cittade tal botte roteante,
subito si corse alla cattedrale
ove si bussò al portone pesante
della bella facciata occidentale.
Frattanto s'appiedaron gli scagnozzi.
Fu sì che il vescovo lasciò le briglie
e con movimenti sì goffi e tozzi
fè rider alcune giovini figlie
dal destriero scendendo con un volo.
Poscia, col passo veloce e spietato
di lui che fia una miglia in un dì solo,
andò ei al grande portone già violato;
e invece del diacono verginello
si trovò dinnanzi un vescovo altero,
di donzelle verace pastorello,
di dolce vin ubbriaco per davvero.
- E voi chi siete, sacerdote sbronzo-
domandò il nostro pio vescovo grasso.
- Che ve ne frega, gran faccia di bronzo!...
No... Via i mendichi da qua. Niente chiasso-
rispuose l'altro che poi aggiunse un rutto.
- Sorcio di taverna, chi vi credete?...
Vi credete forse il vescovo conte-
chiese il nostro bonzo - I conti rendete!...
Che ci fate qua con quell'aspra fronte-.
- Bella domanda!... Il vescovo qua son io-
ansimò l'altro col fermo singhiozzo-
Se me non credete, chiedete a Iddio...
E se restar volete, fate il mozzo-.
- Che mai dite?... Siete un'ubbriaca rapa.
Guardatevi!... Puzzate d'acquavite.
Se son qua, è perché me l'ha detto il papa
che le mie future sorti ha già ordite-.
- E vi manda il papa? Sì, vi mando anch'io...
Il nobile papa qua ha ordinato me,
e se m'importunate pagate il fio...
'l giuro per Cristo e pella mia pia fè-.
- Di qual papa mai parlate, marrano-
domandò il nostro eroe cotanto fesso.
- Di quel che ad Avignone è gran sovrano-
sclamò l'altro con vociare sommesso.
- Ah, sì... quel pargolo d'un cane ispano!...
Ma scusate, non s'era poi dimesso?...
Bhè... Io seguo ora il santo padre di Roma...
l'erede del gran macigno del Gesù-.
- Chi? Sanctus Pater ab oviis et poma?...
Ieri sera lo seguivo, oggi non più-.
Allora uscì dal porton un capitan
che la spada estrasse al nostro uom pio.
Ma quest'ultimo, da verace marran,
fè sbucar da genital loco sì rio
una sacca ricolma di monete,
e la gettò al mercenario inimico
che tosto andò a colmare la sete
e di cortigiane a farsi mendico.
E il suo vescovo tanto arrendevole
disse- E sia!... Vi cedo il doraro seggio.
Ma pria siate coll'oro amichevole,
e scusatemi se poi vi scoreggio-.
Acconsentì l'eroe, e diè la paghetta.
Allor l'altro se ne andò, e fè trombetta. |
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