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Bella e dormiente
giacea la Diva
che in Ciel lucente
vivea giuliva.
Distesa stava
sur d'una runa
che si mostrava
al chiar di Luna.
Parea defunta
ché troppo frale
l'aura congiunta
fu del suo strale.
Leggero spiro,
core sommesso,
spento desiro,
pensier dimesso...
E la Volontà
giacea sopita
in quella beltà
tanto ferita.
Freija, sventurata,
Spirto d'Amore,
chi ridestata
dal rio torpore
ti vorrà chiamar?...
Chi dal riposo
ti vorrà istigar
il cor grazioso?...
Su, destati, oh pia,
dal sonno fatal
che la gente ria
diè al tuo dolce stral;
e al cosmo imprimi
l'Amor antico
che numi infimi
chiamar nemico.
Svegliati, oh cara,
dal sonno fondo
che plebe amara
e mostro immondo
ti dieder da ore;
e va a rallegrar
ogni pio core
ch'anco desia amar.
Giammai le rose
dai rossi stami,
giammai le spose
dai bianchi reami,
giammai le viole
dai bei profumi,
giammai il Sole
dai dolci lumi
viver senza te
ponno davvero
ché dalla tua fè
nascono in vero.
Lugubre giace
il cosmo mesto.
Senza più Pace
sen va funesto
al tristo morir...
E tu, Divina,
rimani a dormir?...
Requie ferina...
requie stregata
è la tua, oh Diva.
Eppur destata
mostrati viva.
Già chi t'uccise...
chi la vita pia
poi ti recise...
chi t'involò via
supplichevole
chiama il tuo Amore
e spregevole
pensa il suo errore.
Destati, forza;
e l'Odio orrendo
condanna e smorza
con zel tremendo.
Che dal tuo seno
possa anco fluire
il dì sereno
che contra l'ire
librerà Amore,
nettare caro
che il rio dolore
e l'Odio amaro
sempre fuggirà
per un futuro
che dolce sarà
e mai più oscuro. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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