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Poco dopo la prima
vera, estate che Quercia ricordi
quando gli orti erano incolti
su colli or brulli
boschi di faggio
rendevano paesaggio
ciò che asfalto fa deserto.
Verde d'aspetto, non d'umore
o Terra mia
in volo nell'azzurro
da Venti corteggiata,
da uno, il Sol, baciata.
Ed eran radiose le notti,
che la stella
di morir bisogno non avea
per far sperar la specie.
Sospir d'istoria rantolante
d'estremo sacrificio, ti rinsana.
Divarca l'occhi d'incanto incatenato!
Però sta' attento!
Odi il monito, d'attonito sgomento.
Il figlio d'un pastore,
il ghigno d'un caprone
il gregge, disperso, in un momento.
Due fori il sangue freddo fece?
ne fuoriuscì l'umore ed il marciume?
Nobile e sacro, scuro il dubbio, non dabbene,
ed il popolo profano di corsa in piazza,
ad osservare il reo di turno
che dall'acqua fece feccia, dal vino dispiaceri.
C'era il trucco, per pezzenti e lor signori
protetti tutti dal diritto d'esser storti.
" Deo gratias" armati tutti lì d'un dito
"Ragion per cui spirare! "
ed in fine espiare il forse, dando lume all'infinito.
Sull'uscio balzò l'animo
calibrò l'istinto ricercato
ragion per cui
spirò.
"Mi sento di dissentire", disse, empio, un sagrestano
"Di rendere palese il mio disgusto",
"Fratello, calma, pentiti, rinunzia
a sollevar l'introspezione trasposta nel trambusto."
Retore dalla liscia mano
s'affili la ruvida lingua sul diario
al nuovo salvatore faccia fede,
col sangue del patrono
reliquiario.
Vanità
Il trono sempre caldo è carità
la forca, sempre fredda...
In Verità? |
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