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Nell'orride, cupe e sperdute ruine,
in un ermo arso dal còcente sole,
oh Assiria, landa di re e di regine
de'solazzi protesa alla ria mole,
ov'è quella tua sublime possanza
che un tempo ti fè imperiale sembianza?
Ov'è l'infocato e tremendo cielo,
donde pugne e perdizioni funeste
agli alteri scagliò l'altero Belo,
dimonio del duolo e dell'aspre feste?
Ove sono le tue vesti regali,
che cagioni fur di tremendi mali?
Quale eroe, quale divo non stregato
ti fè scheletro così ribrezzante,
dopo averti l'incarnato strappato
con una giusta viltà vendicante?...
Infatti la tua regal vertigine
qua sta mutata in nera calligine,
mentre le vittime tue ora trionfano,
schernendo quest'empia e cruenta tua morte:
son Giudei che i sacri salmi cantano
in memoria della tua umana sorte;
e son pargoli di Cristo e Maometto
che dal tuo duolo traggono diletto.
Folle donna! Troppo in tua vita osasti!
Dèsti oscure e tremende tentazioni,
dopo che il giusto Creatore sfidasti,
imponendo pagane libagioni,
donde sorse terribile idolatria
pel danaro, pella carne così ria,
per pugne, per vaste stirpi corrotte
d'insani padri, di crudeli figli,
protesi a veneree, o guerriere lotte,
tra spirituali e corporei perigli.
Figlio tuo vocasti Sardanapalo,
custode d'un letto cotanto malo,
e difensor quel portente Nabucco
che, per profanare la giudaica ara,
Solima vastò con un vile trucco,
rendendosi allor la vita sì amara.
Così cieca al palesarsi del Vero,
adoratrice d'un dio menzognero,
inurie dèsti all'Arca della Legge,
donde un destino di morte sicura
ti dieder quel Divo che tutto vegge
e l'istessa portentosa Natura.
Eppur, pria di spirare la cruenta alma,
pria di mostrarti sì negletta salma,
de'Persi alla mente dèsti un veleno,
e alla baldanza del rege macedo,
giurandogli un fato di gloria pieno,
facesti reo e terrificante arredo.
E poi?... Andasti incontro all'arcano nulla,
promiscua, antica e infernale fanciulla!...
Allora peggior di Semiramide,
tra il foco ch'arde i tuoi mille mariti,
stai, senza tomba, senza piramide,
colpevole d'eventi ognor più arditi.
Addio, dici in eterno ai baccanali,
e addio ai tremendi momenti mortali,
mentre i demòni tramutano infami
que'tuoi antichi e rei piaceri e peccati,
che fors'anco sacri e giocosi chiami,
in duoli che non hai tu mai provati.
Frattanto miri noi, miseri umani,
che librati da que'tuoi ceppi insani,
cantando a Colui che giusto sta Lassù,
ti diciamo- Per sempre resta laggiù-. |
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