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| Vecchietto
- Venga, dottore, è tanto che l'aspetto!
Oggi mi da un'occhiata in casa mia
perché sono brasato in questo letto
da delle fitte che mi portan via.
Eccomi 'vi, vogavo alla Vegliaia
ma ora sono marcio di vecchiaia.
Cosa mi sento? Deh, dimòrti anni
e me li porto tutti sur groppone.
Ciò un vasto campionario di malanni
tre citti in fondo ar mese di pensione,
in capo, chi lo sa, forse i pidocchi
ma manca un cane che mi chiuda l'occhi.
Eh si, ber mi' dottore, mi perdoni
se la ricevo in questa catapecchia:
è piena di sporcizia e di tarponi
da quando se n'è ita la mi' vecchia
e i mi' figlioli, se mi vòle crede',
partita lei 'un cian più messo piede.
Certe ciane m'han detto che per loro,
al Riòvero sarei dovuto anda';
ma deh, doppo una vita di lavoro,
avrò diritto arméno di crepà
dove mi pare? M'hanno abbandonato,
ché ir vecchio da piccino va strozzato!
M'avessero buttato all'Istituto
di certo n'avrei fatto un gran piacere;
ha capito che "grazie" ho ricevuto?
Ha capito che carcio ner sedere?
No, prima di mori' ner Camposanto
'un ci vado, ci vado quando stianto.
Io resto qui. Magari tribolando
ma un piatto di minestra me lo faccio
anco da me; arméno fino a quando
'un son da butta' via come uno straccio.
Io l'ho tirati su con grandi pene
e loro mi ripagano cor bene!
Mìa grandi scolli ma verso Natale
magari uno fusse qui venuto
a vede' se sto bene o se sto male
o a fa' l'imitazione d'un saluto,
un corpo di telefano via via
per vedere a che grado d'agonia
son rivato. Dottore, cosa fa?
'Un dico trentatre e nun tossisco
ma sur serio mi vòle visità?
A che serve, davvero 'un lo 'apisco!
'Che m' importa sape' se sono sano
mi basta 'hiacchera' cor un gristiano.
Lo vede là nell'angolo un piattino?
Faccia ir favore, guardi se ciò messo
la cena di Tigrotto, ir mi' gattino
che viene sulla sera per il lesso;
c'è un contratto tra noi, come e quarmente
senza la ciccia nun acciuffa niente.
Ora co' gatti 'un si po' mìa ruzzare;
un tempo miagolavano contenti
così che li potevi accarezzare
senza punti problemi o inconvenienti;
oggi invece è diverso anco con loro
fanno le fusa solo per lavoro.
Allora sono a posto? dica lei
se ci riva a domani la carogna
che ora ni fa troppi piagnistei
perché essere vecchi è una vergogna.
Son cattivo? Lo so e son noioso,
ah, se morìssi, armeno mi riposo!
E' inutile che scriva la ricetta,
'un se li pigli, sa, tanti disturbi,
forse facevo meglio a danni retta
a que' du' figliolacci così furbi
perché se per davvero niela davo
a quest'ora sarei digià all'ottavo.
Piuttosto guardi un po' sur prontuario
se l'ASLE me lo passa un po' d'amore;
c'è nulla per un vecchio ottuagenario
solo, malato e pieno di dolore
che ni farebbe bòno un po' la 'ura
d'esse' diverso dalla spazzatura?
Basta. Si dorme. E sogno di siùro
come sempre, la sposa e i mi' sordati;
ir passato consola, mìa ir futuro,
'un c'è futuro per l'emarginati!
E se mi sveglio morto, si rammenti:
una fiammata e punti sagramenti
e le ceneri, giù, in fondo al mare...
Dottore
-Tutto bene, è sano come un pesce
però s'è fatto tardi e devo andare...
Vecchietto
Tenga l'uscio accostato quando esce,
ir gatto...
Dottore
Si, d'accordo, penso al gatto!
(Boia, luilì, che palle che m'ha fatto) |
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Questa poesia è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
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«Questa poesia la scrissi per una rappresentazione teatrale. Infatti l'impianto è scenico: Si immagini il vecchio nel suo letto, al centro di una scenografia che rappresenti una soffitta, con il medico che gira intorno al paziente, tastandogli il polso, auscultando il torace e, soprattutto, guardando l'orologio.
ho voluto rappresentare la solitudine e la meschinità umana, non quella del vecchio
ma quella dei suoi figli. La poesia nacque in vernacolo livornese e così ve la offro.» |
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