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«"La cattiveria rende infelice"; il tema proposto era piuttosto ambiguo: infelice chi la esercita o chi la subisce? Io, non so se sbagliando, ho scelto la seconda via. Nel nostro mondo, occidentale e da tanto tempo monoteistico, siamo troppo abituati ad affrontare i problemi prendendoli di petto, a cercare di combatterli come fa un pugile sul ring (Roland Barthes, ne "L’mpero dei segni", ritiene che in Occidente alla violenza "non si possa attribuire altra funzione che quella di esprimere una profondità, un’interiorità, una natura di cui essa sarebbe il linguaggio primo, selvaggio, non- sistematico") , rischiando spesso di uscirne sconfitti e malconci. Io ho voluto proporre una soluzione orientale, ispirandomi non al pugilato, ma al judo (uno sport che conosco soltanto per sentito dire), ovvero all’"arte della gentilezza", attraverso la quale dovrebbe essere possibile attutire i colpi ed avere forse più probabilità di battere l’avversario (ma un esperto di quello sport potrebbe spiegare senz’altro meglio di me ciò che ho inteso dire nella poesia) .» |
Inserita il 14/04/2019 |
Poesia sul tema La cattiveria rende infelice
Per vincere, nel judo, lo sappiamo,
assecondar bisogna l’avversario,
trascinarlo con noi nella caduta,
per rialzarci più forti e superiori.
E se fossero al judo viciniori
le tecniche per vincer la temuta
malalingua, se su stesso binario
l’infame conducessimo, poniamo?
Se qualcuno ci dice che noi siamo
ripieni di difetti del più vario
campionario, sia tanto benvenuta
l’accusa che apparir ci fa inferiori!
Finiscono, col tempo, quei signori
accusatori, per la nostra astuta
mossa, dentro ridicolo scenario:
perdono stima, e noi la guadagniamo! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Ad alcuni poeti piace il paradosso, ed io ho voluto suggerire che, sapendola prendere, non sempre la cattiveria rende infelici. A Napoli, del resto, si dice: " ‘O purpo ha da cocere ‘int’’o broro suio" ("Il polpo deve cuocere nel suo brodo") ...» |
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Piaciuta! . (Lina Sirianni)
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