Ci dicono di prendere la barcaccia e d’imbarcarci. Approdiamo su un’isoletta maledetta, con acqua a tutto tondo, umidità, paludi e sabbie mobili, spuntoni di roccia e misteriosi recessi, perennemente avvolta da bruna nuvolaglia e da umbratili boschi che ombreggiano sinistri monti sghembi.
“ Non vi credete di stare a Volpitour voi là, forza coi remi” ci dice una specie di capo, poi salta sul cassero di prua e ci scandisce un “ OP-LAAA, OP-LAAA, OP-LAAA” che ci accompagna, noi poveri fessi, con quel ritmo fino all’approdo sull’isoletta, che sovrastata da grossi nembi, riceve acqua come sotto a un rubinetto aperto.
Uno cade in mare, ma siccome le cose lì sono programmate al millesimo di euro, lo lasciano a scalciare l’acqua fino allo stremo delle forze, e solo appena poco prima d’annegare gli lanciano la ciambella.
Sbarchiamo in una specie di regno vegetale fradicio, d’erbe e fogliame putrescenti, marcito dalla copiosa pioggia perenne, frullato da gelide brine e rugiade, nell’ambigue trasformazioni di stato degli elementi che lì regnano.
“ Tra una settimana QUI, ih ih “ ci fa il capo, poi dilegua sghignazzando sotto la pioggia battente.
Ci sparpagliamo tutti chi qua e chi là, eccetto quello che per poco non annegava, che stava ancora sotto l’acqua a vomitare acqua,
“ Certo che qui non ci si muore di sete” gli faccio, poi mi racconta che è nato dalle parti della Navarra e che è stato condannato per storie di baratti e altre diavolerie del genere.
“ Prima cosa un riparo” mi dice, così prendiamo un sentiero che s’arrampica sul fianco di un monte la cui sommità è sommersa da folte nuvole.
Tre ore di marcia quando notiamo una buia apertura mimetizzata tra la folta vegetazione, ci arrampichiamo verso quella che a me sembra una spelonca, infatti vi entriamo con soddisfazione a ripararci, “Quasi a casa” penso, mentre mi tolgo il vecchio impermeabile da pastore utilissimo in montagna e poso il portatile che vi avevo nascosto sopra a un macigno ( a me sembrava tale), ma il Navarrese mi fa “ Sssssssst, non ti muovere”, ma il macigno si scuote e un “AHGRRRR” in faccia mi fa pensare me stesso spiedino quando il Navarrese inizia a gridare all’orso con suoni arcani e intelligibili, fino a che lo addolcisce e ammansisce, buono buono.
“Ma tu sei un demonio” gli faccio,
“No, ma prima ero un dannato”
“ Un dannato?”
“ Sì, ma ho avuto un avanzamento per via di una certa beffa giocata a una decina di diavoli neri, laggiù, nella 5^ bolgia…” e io “ Ah, ne ho sentito parlare”
“ Cmq.” mi fa “ qui non c’è nulla da mangiare”
L’orso frattanto si rimette a dormire e io vago qua e là per la grotta alla ricerca di qualcosa di utile per la mensa, ma noto soltanto un bel covo di verdi serpentelli tutti aggrovigliati che non si capisce di chi è la coda e di chi la testa, e fra questi alcuni simpaticamente mi stanno strisciando verso i piedi, ma quello subito fa
“ Frrrrrrrrr…frrrrrrrrr…fiuuuuuuuuu “ e sputa tre volte per terra che i serpenti ritornano immediatamente al loro covo e rimangono lì immobili, tranquilli e fermi.
“ Orsi e serpenti “ penso “ ci mancano solo i pipistrelli “, ma poco dopo il Navarrese mi chiama e mi apre alla conoscenza di una folta teoria di vampirelli che pendono, rosei e mollicci, dalla sommità muffosa della volta di una piccola grotta interna, “ Splendido!”
Passano le ore, ma non la pioggia battente che flagella ogni cosa “Senti“ gli faccio, “ io chiedo la Raccomandazione al Grande Fratello, capace che se lo trovo in un buon momento (a indici alti), forse può togliermi da questa isoletta di merda…”
“ Ottimo” mi fa quello, “ su su, prendi carta e penna e scriviamo”
“ Ma che carta e penna, useremo questa “ e apro il computer portatile destando la meraviglia del Navarrese che dice “ Caspita, che roba! “, poi mi fa “ e da qui possiamo mandare qualcosa lì, una lettera?”
“ Sì sì, una lettera, un disegno, una canzone, quello che vuoi” rispondo
“ Però” mi fa “ la lettera di raccomandazione te la detto io, che su queste cose so il fatto mio, tu digiti soltanto, occhei?”
“ Occhei “ e accendo, mentre lui raduna la legna e il fogliame più secco, vi aggiunge della carta e dei cenci e ci zampilla un magnifico fuocherello che ci scalda e ci asciuga, poi si fissa in posa oratoria e in piedi, con la mano protesa, mi snocciola questa specie di scemenza solenne:
“ Molto Eccellente Signore, grazie a Vostra Grazia, che nella Sua Fulgida Benevolenza ha voluto stabilire & riservare come sede & ostello ai qui presenti et prostrati umilissimi vostri servi, sull’isoletta ci troviamo ottimamente, se ci è dato fare compartecipe la Vostra Illustrissima Persona delle miserrime vicende di poveri & umilissimi servi, quali noi siamo.
Et come potremo non trovarci più che ottimamente? Quale disagio aut noia, aut affanno può lamentare questo essere nulla che siamo a fronte della Magnificenza del Vostro Nobilissimo Essere? Come, la flebile voce dell’insignificanza potrebbe spezzare l’Armonia Serena dei regni di Virtulonia, et levarsi come ombra di nube a nascondere, anche per poco, il Sole che li governa?
Ci sia lecito pertanto, o Cornucopia Incommensurabile di Ricchezze & Benessere, solo l’adulazione, il cantare a Te i trionfi dei Tuoi Altissimi Meriti, smuovere la misera lingua acciocché a noi lacché sia consentito raccogliere quel poco d’Ambrosia che Tu, o Generosissima Luce, permetti permanga sulla Tua Mirabile Imprenta, il Nettare che dolcifica & si stratifica sulle Venerabili Terga Eccelse, dolce ancor piue che quello delle api Iblee.
Ecco a te, o Dolcezza Galattica Vivente, tutte le Stampe si flettono & ti adorano, a te, prostrati, s’inginocchiano le Televisioni di tutti i Regni, et supina l’Editoria ti venera, et ti festeggiano solennemente, o Somma Maschera Ineffabile, Teatri & Cineteche, et la Musica, dismesse litanie e contumelie contestatarie & ribelli, sale, o Armonia delle Sfere Celesti, libera a Te, elevando spirali di note solenni & inneggianti, come l’incenso che per Te bruceremo ogni giorno dell’anno per omaggio; anche la regina delle arti, fra tutte la Poesia, s’avanza a immortalare, o Imperatore Imperituro del Bello, l’Effigie della Vostra Munificenza, che a nessun secolo sarà permesso d’ignorare.
Et noi supplici alfine, infimi servitori tra i più umili servi, plusumilmente invochiamo, non prima aver baciato e ribaciato la fortunata terra pressata dal Vostro Intangibile Piede, di essere esonerati dal duro esilio che ci priva, a noi miserrimi, della Vostra Viva Luce, senza la quale i nostri orbi occhi nulla vedrebbero et le nostre lingue servili mai si scioglierebbero ad intrecciare le ardite figurazioni adulatorie che qui, ora, azzardiamo fare dono alla Felicissima e Serenissima Grazia Vostra.
Voglia Ella richiamarci e raccoglierci ai Suoi Piedi Venerandi, et le nostre lingue famule indiscretamente adularla in aeterno sapranno”
F.to
Cori & Il navarrese
Finito di scrivere chiudo il portatile “Beh” dico, “le parole non riempiono la pancia e la mia è vuota come le tasche”
“Anche la mia è vuota” mi dice
“A meno che non ci arrostiamo l’orso o i serpentelli, cosa peraltro altamente proibita, attorno non scorgo granché”
L’orso mi urla di nuovo in faccia e i serpentelli si drizzano impauriti.
“Vedi” mi dice il Navarrese, “come capiscono? Cmq ci sono i pipistrelli, là nella grotta”
“Ma va…”, poi gli dico “Ma dimmi, ch’è un po’ che ci penso, com’è che ti trovi qui e non nella pegola bollente?”
“E’ una storiazza questa” mi fa, “ma te la racconto, che qui il tempo non manca e fuori imperversa la peste… della pioggia battente”
Poi mi si siede di fronte e col palmo della mano distende l’arena che fa da pavimento alla grotta e vi disegna una specie d’imbuto, “Qui” mi fa puntando il dito su un punto del disegno, “dopo aver lasciato quello scemo di Alikino e Calkabrina a runcigliarsi tra loro, la notizia che avevo fottuto tutta Malebranche fece il giro dei gironi, e non solo, divenne titolo di testa per parecchio tempo:
<< MALEBOLGE: DIAVOLI CIURLATI DA BARATTIERE >>, per farla breve corse di bocca in bocca, ne parlava Eraclito con Zenone, Paolo con Francesca, Farinata s’erse e domandò a Cavalcante il quale si crucciò che non era il suo Guido, passò l’alto buratto e discese tra i traditori dove il conte accantonò per un momento il suo pasto e gli chiese notizie sull’evento, raggiunse poi le sei orecchie del conficcato Lucifero, lì, al centro della terra.
E non si fermò qui, ma risalì la natural burella fino a riaffiorare sull’isoletta dove s’alza l’altissima montagna del Purgatorio”, e disegna un altro imbuto però alla rovescia, “e arrivò al liutaio e pigro Belacqua, e poi su, su, attraverso tutte le cornici, fino a quelle di Forese, e poi al Paradiso terrestre; da qui la notizia della burla trasvolò di cielo in cielo fino ad arrivare alla Candida Rosa, e da qui…” e indica un punto del disegno che doveva rappresentare la Candida Rosa,
“E da lì?” dico
“E da lì…mi trovo qui!” e conclude “Mi hanno rimesso dalla condizione di dannato, ma ho l’obbligo di farmi un po’ di penitenza, qui…”
“Ehhhh, qui, su questa isoletta. Ma allora…”
“Allora siamo in Purgatorio” mi dice serio serio
“In Purgatorio?!” mi alzo di scatto e esco fuori
“ E ovè la montagna bruna e altissima?” domando
“Ci stai camminando sopra, è questa!” mi fa
“ Ma allora sono morto stecchito!”
“ No no, che sei vivo” mi rassicura “ è che il Purgatorio è proprio la valle di lacrime di questa terra”
Resomi conto che non ero morto, mi assale l’atroce fame che fa delirare di sofferenza noi poveri umani, e dico “Dobbiamo mettere subito qualcosa sotto i denti, ma cosa?”
“Beh” mi fa il Navarrese “cos’è che abbonda in questa guazza?”
“Caimani, chessò, anaconde, bisce e tutte le viscide creature che si barcamenano tra l’acqua e la terra” rispondo
“E quindi tra queste?”
“Boh?, i rospi e…”
“Bravo, le rane, eppoi le lumache”
“Le lumache, caz…, una volta li mangiavo alla vigilia di Natale”
“Allora” mi dice raccogliendo l’impermeabile, “pedala, tu per lumache e io per rane”
Raccolsi in 20 minuti un sacco di lumache, poi mi riparo col mio bottino nella grotta dove poco dopo entra strapieno di ranocchi il Navarrese. Mangiamo (menù quaresimale):
1) ranocchi arrostiti con legno di cedro dell’isoletta
2) lumache in purgatorio
3) acqua penitenziale del 1.300
Dopo il pasto mi sopraggiunge il sonno, che sempre tormenta noi poveri umani, così distendo l’impermeabile e mi ci corico sopra, e sogno questo sogno tremendo.
“ Mi trovo in una megasala illuminata da potente luce diffusa, in mezzo a una grande folla di uomini uguali, con vestito scuro e cravatta e distintivo all’occhiello, che ad un comando iniziano a ritmare lentamente, via via sempre più forte: “G-F - G-F - G-F”
Quand’ecco, dopo 30 ossessivi secondi, nel fragore solenne di una orchestra, sopraggiungere, tra il delirio e il tripudio della sala in ovazione, un omettino con la testa pelata che gli spunta da un azzurro mantello, e intorno al collo un fazzoletto coll’orlo di porpora, con fiocchi e frange che pendono giù da tutte le parti.
Avanza sorridendo in direzione di un podio ornato di rose, viole e gigli celesti, circonfuso da nubi d’incenso e cinnamomo, e nel podio, con le braccia levate, inizia a salire a salire, su, su nel cielo, con moto lento e uniforme, mentre gridano “ O mio Salvatore!”, “ O Delizia del Genere!”, tutti con il naso all’insù a bearsi di quella ascensione solenne.
Poi ricominciano a scandire in coro: “G-F - G-F “, battendo nel contempo i piedi sul pavimento, ma ad un tratto quel divino, con la mano impone il silenzio e così parla:
“ Servi miei, io non avevo per niente la voglia di venire qui, a questa convenzione, ma per non farvi aspettare tanto e non privarvi della mia presenza, ho fatto questo sacrificio per…”
Un boato immane d’applausi scuote l’amplissimo salone fin nelle fondamenta, e a quel punto nessuno può più udire quel che sta dicendo, tanto è il delirio e l’ovazione e il tripudio al colmo.
Ma improvvisamente si ferma, e la sala zittisce, silenzio, e nel silenzio un dito puntato e un tuono:” TU “
Un terrore gelido m’avvolge le membra e in un baleno quelle larve profumate e identiche m’afferrano… AHAAAAAAAAAAA…!”
Mi risveglio appena in tempo per ridare alla pioggia le lumache e le ranocchie mangiate di recente, che lì, sullo stomaco, hanno dato forma a questo incubo orrendo.
Decidiamo poi, io e il Navarrese, di uscire dalla grotta alla ricerca di qualche altro disgraziato penitente dell’isoletta, sulla cui cima, avvolta da nembi, arde il fuoco che nella carne non penetra.
Camminiamo e camminiamo sotto la pioggia facendo attenzione a dove posare i piedi per non essere inghiottiti dalle sabbie mobili, o finire impantanati in melmosi acquitrini, regno di moltitudini di sanguisughe fameliche, o altre simili bestie, quando ad un tratto vediamo del fumo levarsi da dietro un runghione di roccia e “Sssssssst”, mi sibila il Navarrese, che poi mi lascia per accostarsi in silenzio alla roccia, mi fa un cenno con la mano di raggiungerlo e, rivelazione tremenda, c’è Medusa nel mezzo di una valletta con gli amici del Bue, che finiscono allegramente di divorare un manzo che gira lentamente allo spiedo.
“ Ah, caz…, l’amor de li animali!”
“ Più che l’onor potè il digiuno” aggiunge il Navarrese
“ La fame scaccia il lupo dalla tana” sigillo
Poi usciamo allo scoperto e Medusa ci viene incontro “Noi non vol…”
“ Ma no, ma no, non devi dire niente, che noi siamo andati a lumache e ranocchi”, e poi “Stavamo delirando per la…” lo interrompo, “Sì, sì, è successo anche a noi, ma per caso è rimasto ancora qualcosa?”
Così prendiamo parte a quel pasto scellerato, e prima di congedarci domandiamo notizie degli altri sfortunati isolani, “Boh?” fa Medusa, “se sono ancora vivi saranno sparpagliati qui dentro”
Dopo i saluti riprendiamo a salire il monte inerpicandoci a fatica per uno stretto e ripidissimo sentiero, quando ad un tratto udiamo delle voci, come un altercare frenetico provenire dall’alto, saliamo ancora un poco e c’è Biopresto a litigare con l’Admin-angelo presso ad una porta accessibile per mezzo di tre gradini colorati diversamente.
“Ma vuoi aprire o no quel portale di merda?” dice uno
“Se apro a te devo poi aprire a tutti quanti indistintamente” risponde l’altro “sia che hanno o che non hanno la password”
“E daaai, con questa strafottuta password del menga” gli grida l’altro
“Le regole si risp…”
“ E mentre si rispettano le stracazzo di regole” lo interrompe “io sto su questa fottuta isoletta del cazzo a morirci di fame, e…”
“Un momento” dice il Navarrese sbucando all’improvviso, “questo tra poco cade qui per terra per la fame, che s’è ridotto tutto pelle e ossa”, e porge il cibo portato dalla valletta a quello che se lo divora velocemente.
“Inoltre” aggiungo io, “è che c’è qui chi le regole non le rispetta”
“Eh? Come?” fa l’Admin-angelo “quale orribile nefandezza s’è consumata qui attorno ultimamente?”
“Prova a discendere nella valletta” gli fa il Navarrese “e lo vedrai”
Pertanto l’Admin-angelo s’incammina borbottando e minacciando il bannamento a questo e a quello.
Rimasti soli, Bio esclama “Merda merda merda! Come facciamo ad entrare ora in quel maledetto buco?”
“C’entreremo con queste” e il Navarrese mostra due chiavi, una bianca e una gialla, pendenti da un portachiavi a gancio, “Splendido, ma come hai fatto?” gli dico, e quello piano “Ti sei scordato che ho fregato i diavoli?”
Entriamo e riprendiamo la salita, e dopo appena mezz’ora di cammino c’imbattiamo in un poster del Che attaccato al tronco di un albero, tutto inzuppato d’acqua, “Qui attorno ci dev’essere Ronny” ci dice Biopresto sbirciando tra i cespugli , e inoltre, legato ad un ramo, pesante d’acqua ecco pendere una bandiera rossa, “Deve esserci proprio lui” dico, e infatti, in mezzo ad un intricato inviluppo di sterpi e vegetali, lo troviamo rattrappito che tremava di freddo sotto la pioggia, “Non te la passi bene, vero Ronny?” gli fa Biopresto
“L’unico conforto” ci dice in un soffio “è che qui si può piangere tranquillamente…tanto con tutta ‘st’acqua!...”
Il Navarrese provvede allora a ristorarlo con il manzo arrosto di Medusa, e Ronny si rianima, s’inforca gli occhiali e mangia e parla “Ma come…gnam gnam…siete entrati?”
Si risponde insieme “Stessa domanda volevamo fare a te”
“Beh”, fa quello “e che …gnam gnam… tenta e ritenta…gnam gnam… alla fine ho scoperto la password…gnam…”
“E così stiamo tutti qui” prosegue Bio “a soffrire, mentre c’è chi se la gode, lì sopra, in cima, in cima a questa arcifottuta montagna del menga”
Discutiamo se Ronny deve portarsi o meno il Che e la bandiera e alla fine decretiamo per la sola bandiera.
Così ci inoltriamo nel folto di una specie di jungla, dove la pioggia non penetra, ma si sta ugualmente in ammollo con i rovesci, a coppe, a cannelle, con gli scrosci al passaggio sotto le fronde, e “AIUTO! AIUTO!” udiamo d’un tratto provenire dinanzi, allora acceleriamo il passo verso quella voce fino a che non si presenta alla vista una donna imprigionata da un anemone pazzesco, che a stento riusciamo a strappare da quella bocca floreale, “Che paura, oddio, che paura!” dice mentre si appoggia per terra, “Ma è Valenkaia” esclama Ronny, e quella quasi piangendo “E maledetta a me se dovevo venire in questo posto, a me, che mi piace il caldo e il sole, mentre Gabryroma, fortunata lei, ma secondo me non se lo merita, si gode i tropici celesti tra una grigliata di pesce pregiato e bei autoctoni!”
Poi un poco più rasserenata fa “Ma voi che ci fate qui?”
“Eggià, che ci stiamo a fare qui noi?” scimmiotta Biopresto
“Eggià, che ci facciamo?” rispondo
“Raccogliamo margheritine, forse?” scherza Ronny
“Noi si va tutti in cima” risponde il Navarrese, “a prendere posto in quel paradiso terrestre, un posto al sole, in quell’eden lì, in quelle… isole fortunate e felici… sulle cui spiagge bianche di madreperla, ora forse, chi voi sapete, disteso al sole e alle profumate brezze, si sorbisce licori dolcissimi e si gusta cibi sopraffini serviti da non proprio succinte puelle…”
Stiamo tutti a bocca aperta a pregustare queste prelibatezze che ci amministra il Navarrese
“Se scambiate le puelle in pueri, Valenkaia ci sta” ci scuote quella.
Poi chiedo “Ma siamo sicuri che lì sopra poi c’è davvero il po’po’ di paradiso terrestre che dici, con i vini, i cibi e tutto il resto?”
“ Se le carte non mentono, è lì, a meno che…”
“ A meno che?” l’incalzo
“ A meno che nel frattempo non è mutato qualcosa, sai 700 anni e passa…”
“ Ah ah, vuole portarci in un posto di 700 anni e passa!” se la ride Bio
“ Facciamo i biglietti all’Omero TourOperetor?” sghignazza Ronny
“ E non ci sarà polvere e ragnatele?” fa l’altra
“ Ehi, navarrè, non è che ci soli come coi diavoli?” gli faccio io
“ Macché, macché, non sta scritto solo da una parte che quel delizioso giardino è lì” eppoi scandendo lentamente un latino italianizzato “ in loco altissimo omnium, propinquo coelo, remoto omnibus alterationibus, sine omni molestia, cum omni dilectatione…” e trae dall’interno della giacca una specie di mappa inumidita e unta “inoltre”, continua “ce lo dice la Visione del monaco Alberico, ce lo dice la leggenda del Pozzo di san Patrizio, ce lo dice la visione di Thurcill, e infine l’Allaghieri naturalmente”
“ E Stanlio e Olio non ci dicono niente?” fa Ronny
“ Beh, tanto ormai” fa Biopresto “che ci costa vedere se c’è o non c’è questo strafottuto Eden?”
“ Eppoi, rimanere qui non è affatto meglio” fa Valenkaia
Riprendiamo quindi la marcia, il Navarrese, io, Valenkaia che per paura si è voluta mettere in mezzo, Ronny con la bandiera e Biopresto, e lasciamo la foresta per inoltrarci in un sentiero che serpeggia il costone del monte quando, avvolti da nembi e dopo ore di faticosa marcia, arriviamo nei pressi di una caverna che all’entrata porta scolpita nella roccia a caratteri cubitali:VOM
Vi entriamo e subito ci si dimostra chiaramente che lì qualcuno ha bivaccato di recente, poiché i tizzoni non sono del tutto freddi e rimasugli di cibo sono sparsi ovunque, assieme a bottiglie vuote di vino e scatolette e, in un angoletto, quasi celato, vediamo un busto di gesso raffigurante De Michelis corredato di una candela spenta.
“ Quivi alberga Slobodan sicuramente” faccio io, ma cercando fuori e dentro non troviamo nessuno, poi però Valenkaia ci chiama “Ehi, venite a vedere gente” e così ci si mostra, appeso ad una parete della grotta, un foglio con su scritto questo:
“ CIAO CIAO, MIEI POLLASTRELLI, VI CREDEVATE CHE SLOBODAN MARCIVA QUI DENTRO? POCO DOPO SBARCATO SULL’ISOLETTA HO SPEDITO UN MESSAGGIO DI RACCOMANDAZIONE AL…EHM…PADRETERNO, E SUBITO MI HA INVIATO UNA MONGOLFIERA CON DUE VALLETTE DENTRO.
QUANDO TROVERETE LO SCRITTO SARO’ GIA’ SULL’ISOLA FORTUNATA E FELICE ASSIEME AGLI ALTRI, EH EH, ADDIO!
“Merda merda merda”, grida incazzatissimo Biopresto, che con una bottiglia di plastica d’acqua minerale vuota si sfoga a darla in testa al busto di gesso di De Michelis, che lì, poverino, non c’entrava proprio niente.
“ Dai, saliamo, saliamo ancora” poi ci dice “ non sono così lontane ormai queste stramaledette dilectationes de mierda”
Ci rimettiamo dunque in cammino con rinnovata lena e, cessata la pioggia battente, incominciamo a vedere sprazzi di sereno, ma un celeste nebuloso ancora, e il sentiero, non largo più di 2 mt. comincia a girare attorno alla vetta del monte tanto che possiamo vederla risplendere in una luce incandescente, segno della ormai prossima meta.
Ci accostiamo stretti alla parete al lato della montagna e avanziamo lentamente cercando di non guardare il baratro che s’apre all’altro lato e, dopo 2 orette di marcia arriviamo di fronte ad uno spettacolo orrendo: dalla parete del monte fuoriescono fiamme ossidriche, un fuoco a getto che ci ostacola l’avanzamento e, dentro a quelle fiamme, vediamo la sagoma di qualcuno che se la canta, lì, in mezzo a quel combustionamento.
“ Ehilà” gli grida il Navarrese “chi tu se’ che ti fai la doccia con lingue di fuoco ardenti?”
E così quello ci risponde:
“ Tan m’abellis vostre cortes deman, qu’ieu nome puesc ni voill a vos coprire, ara vos prec per aquella que vos condus al som de l’escalina, ciapete pur ammè da ista flam, que me song rott u cazz de ‘sta fucina”
Poi esce dal fuoco e riconosciamo Bocio.
“ Ma che ci fai tra le fiamme?” gli fa Valenkaia
“ Che vi devo dire? Mi ci trovo a mio agio lì, è fuoco che non brucia, vedrete!”
Infatti per raggiungere la cima bisognava attraversare necessariamente quel focarone; Valenkaia si ribella e anche Ronny, pauroso di bruciare la bandiera rossa, pertanto stiamo lì, a convincerli quando Cione ci dice “Ma dobbiamo sbrigarci però, che ho notizia di un cambiamento di programma”
“ Cosa?” fa Biopresto
“ Pare che da lì traslochino altrove…e forse già…, ma no… mancano meno di 15 minuti, forse facciamo ancora in tempo”
Allora tutti, di corsa, attraversiamo le fiamme frigide che escono dalla fenditura della parete e ci troviamo al di là quasi a un tiro d’arco con l’isola fortunata, la quale sta già planando dalla cima della montagna per destinazione ignota.
“Ehi Ehi aspettate” gridiamo in coro, ma quelli ridono e ci salutano con la mano e poi “ Non possiamo arrestare l’ascensione stabilita in alto loco, SALUTI E STATEVI BENE!” ci grida il MegaGuru per tutti
“ Oh Oh, stracazzo di merda!” urla Bio “ aspettatemi”, ma quelli si erano già distaccati dal suolo e apparivano sempre più piccoli per la lontananza.
“ Dove siete diretti?” grido
“ Su Marte, per via che s’è trovata l’acqua”
“ Su Marte?” domandiamo tutti assieme
“ Sì, su Marte, si ricomincia di nuovo, con la mela…col serpente …addiooooooooo”