Il mare è calmo questa giornata, calma come non è stata mai.
Zéphir non osa ancora turbare i suoi fiotti muti. Pallidi nugoli accarezzano dolcemente i contorni delle montagne e, lasciandosi cadere sulle acque, sembrano arretrare l'orizzonte.
La mia fantasticheria diventa solenne.
Ma il sole sparisce d‘improvviso, e il cielo si oscura.
Appare in lontananza un muro di nuvole sinistre. Sento la respirazione rauca della tormenta che si avvicina. Un gabbiano argenteo perso nelle nube sfiora le acque e fugge ad ala spiegata. L'oscurità s’ispessisce.
Zéphir aggredisce l‘aria con forza brutale. Il mare rabbrividisce, un tuono sveglia i fiotti, e molto presto dantesca diventa la giornata.
Tutt' intorno è solo fragore muggiti e ruscellamenti. Il sentimento di solitudine che mi avvince sa del capogiro. Ascolto il suono lamentoso delle onde schiumose che si spezzano sul costiero. Persa in mezzo ai nugoli e alla merce di Zéphir impazzito una sensazione di abbandono fa eco a delle sofferenze antiche che mi sforzo di respingere.
Ma tutte le mie solitudini passate risalgono in mucchio dal fondo dei miei abissi interiori e mi rinviano senza riguardi ai miei dolori infantili più segreti Quelle che non ho potuto urlare allora, tanto erano insopportabili.
-Papà è partito dice il fantasma di mia madre che appare davanti a me. Il suo viso è distrutto dall'afflizione. Fa finta di esistere, per noi, i suoi bambini.
Dove? Mi sento rispondere... Avevo otto anni e la partenza di mio padre aveva assassinato i sogni che nascevano in me.
Papà, perché mi hai abbandonata? mormoro ancora.
Ho male e non sono che solitudine!
Mi nascondo nella mia tristezza, la bevo fino allo scarto e mi torco a metà asfissiata nel dolore più intenso. - - - -