Clara chiuse la cartellina di cuoio, la ripose al lato della scrivania, fissò il monitor del computer e sospirando ricordò di aver da smaltire ancora un sacco di documenti prima della chiusura. Erano solo le 16 e ne aveva ancora per diverse ore.
L’ ufficio del commercialista dove lavorava era proprio di fronte alla strada, dalla finestra aperta e dalla porta a vetro spesso lo sguardo spaziava sulla grande piazza del piccolo paese affacciato sul mare, indulgendo ad un attimo di distrazione, mentre il vento portava talvolta il profumo della salsedine. Oltre alla sua postazione semplice e spartana, c’ erano due piccole poltroncine e un tavolinetto per far accomodare i clienti, un paio di quadri con immagini campestri alle pareti e due bacheche zeppe di appunti e avvisi.
L’ ufficio del commercialista occupava una piccola camera attigua, con una finestra, arredata con una scrivania ampia, una poltrona di pelle che aveva conosciuto stagioni migliori, un grande quadro con una marina, una piccola libreria colma di libri e codici, un computer e scartoffie e raccoglitori disseminati ovunque in una confusione che nessuno, tranne il legittimo proprietario, sapeva tollerare.
Con un altro sospiro cliccò sull’ icona del pc e fissò nuovamente la schermata per l’ inserimento delle fatture, ma proprio in quel momento il tintinnio della porta la fece sobbalzare.
Alzando gli occhi intravide l’ uomo che era appena entrato.
“ Salve, sono il dottor Crema, avevo appuntamento con il Dott. Penta, è a studio?”
Clara ebbe un tuffo al cuore, controllò l’ agenda ma si accorse di aver dimenticato di inserire questo appuntamento e arrossendo vistosamente e balbettando gli rispose:
“ Dottor Crema, sono mortificata e le chiedo di scusarmi, l’ appuntamento non è in agenda e il dott. Penta è fuori, mi spiace davvero tanto, non so come farmi perdonare!”
Il dottor Crema sorrise e solo in quel momento, fissandolo, Clara si rese conto che era un bell’ uomo. Sicuramente oltre i trenta, alto e magro, capelli chiari e incredibili occhi azzurri, l’ aspetto curato, un abito di bel taglio ed un soprabito sul braccio, una cartella portadocumenti che non era sicuramente pari a quella del suo capo, così mal ridotta da far paura. Ma fu soprattutto il sorriso che la catturò. Clara invece non osava definirsi carina eppure lo era, aveva vent’ anni, un fisico alto e slanciato, i lunghi capelli castani, gli occhi color di giada, timida e impacciata quando si trattava di relazionarsi coi clienti, possedeva però due qualità importanti per il dottor Penta, era seria e fidata, ed era soprattutto per questo che il commercialista l’ aveva assunta da un anno. Del resto aveva bisogno di un aiuto e il farmacista del paese, amico del padre di Clara, gli aveva parlato così tanto di questa ragazza, appena diplomata, che aveva voglia e necessità di imparare mentre continuava a studiare all’ università, che aveva finito per acconsentire. La mattina Clara seguiva i corsi, alzandosi presto, prendendo la corriera fino in città, un’ ora all’ andata e una al ritorno, poi dalle 15 di corsa a studio fino a sera tardi, a volte tardissimo. Suo padre Guido le veniva incontro quando vedeva che superava un orario ragionevole, e se era rimasta sola a studio, cosa che capitava quasi sempre, l’ aiutava a tirare giù la pesante saracinesca non prima di averle ricordato di chiudere per bene le finestre e spegnere le luci, poi insieme sottobraccio tornavano a casa, Clara raccontando la sua giornata e il padre la sua, parlottando fitto fitto. Erano solo loro a condividere la casa e la giornata, la mamma era morta tanti anni prima, così il signor Enzo si era dedicato completamente a questa figlia crescendola al meglio delle sue possibilità.
Nessun grillo per la testa, poche amicizie nate fra i banchi di scuola, Clara fantasticava a volte sul suo futuro dopo la laurea in informatica, poi però tornava con i piedi per terra pensando che mancavano ancora diversi esami e poi la tesi.
Il dottor Crema dopo aver riflettuto un attimo, senza mai smettere di sorridere le disse che un modo c’ era per farsi perdonare, accettare di cenare con lui.
Clara avvampò ancora di più e rimase per qualche secondo come inebetita, poi realizzò che se non avesse accettato probabilmente il cliente si sarebbe lamentato col dott. Perna e magari questo infuriato avrebbe potuto licenziarla. Troppi se e ma in pochi secondi per prendere una decisione saggia, e fu così che quasi in tranche accettò. Il cliente si congedò dicendo che sarebbe tornato a prenderla per le 20, 00.
Appena sola si dette della stupida un centinaio di volte, e una rabbia furiosa la scosse sin nel midollo. Ormai era fatta e non poteva tornare più indietro. Avvisò suo padre inventando la scusa di una pizza con Teresa, la sua amica del cuore. Non amava dire bugie a suo padre e si ripromise che tornata a casa gli avrebbe raccontato per filo e per segno tutto, sicuro che lui l’ avrebbe capita.
Mai come quel pomeriggio il tempo sembrò fermarsi, l’ orologio sembrava marciare al contrario e i minuti erano infinitamente lunghi. Quando finalmente mancava poco all’ appuntamento Clara ripose tutte le cartelline in ordine, spense il computer, poi chiusa a chiave la porta a vetri frugò nella borsa in cerca di qualcosa per ritoccare il trucco e dare una parvenza d’ ordine ai lunghi capelli. Certo i jeans e la camicetta non erano davvero adatti per un appuntamento con un cliente come quello, così elegante e distinto, ma di passare a casa e cambiarsi non era il caso altrimenti la scusa non avrebbe retto. Il piccolo specchietto da borsa le rimandò una immagine ordinata e semplice, il poco trucco valorizzava i begli occhi verdi e il filo di lucidalabbra le dava un’ aria fresca e pulita, eppure si sentiva assolutamente fuori posto. Con un sospiro controllò di aver chiuso per bene le finestre delle stanze, e i cassetti, poi alzando gli occhi vide il dottor Crema arrivare sorridendo.
Clara aprì la porta a vetri, lo salutò, e presa la giacca uscì. In genere a quell’ ora c’ era sempre suo padre o il dottor Perna per aiutarla a tirar giù quella saracinesca vecchia e cigolante, ma stasera realizzò di essere sola. Con forza agguantò la maniglia ma per quanto tirasse quella maledettissima ferraglia rimaneva incollata e non ne voleva sapere di scendere. Tra l’ ironico e il divertito il dott. Crema le disse: “ Cara permettimi di aiutarti o finirai per farti male” E messa la sua mano calda su quella di Clara in un secondo la serranda venne giù con il suo solito tonfo metallico. Clara chiuse a chiave i lucchetti e iniziò a frugare nella borsa per nascondere l’ imbarazzo che quel tocco così inaspettato e piacevole le aveva procurato.
“ Andiamo, ho prenotato qui vicino”. A Clara per poco non venne un colpo, “ Ecco ha prenotato qui vicino, così adesso la frittata è doppia, papà verrà informato a tempo di record, accidenti”
Dopo averla presa confidenzialmente sottobraccio, il dottor Crema la diresse verso una macchina posteggiata a pochi metri dallo studio, le aprì con galanteria lo sportello, e sedutosi al volante mise in moto, quindi con disinvoltura prese la strada provinciale che conduceva sul lungomare.
Il “ qui vicino” in realtà era a non meno di cinque chilometri dal paese, a poca distanza da un altro piccolo paese del circondario dove però non aveva amiche, per cui Clara tirò un sospiro di sollievo. Il locale era piccolo e grazioso, con una terrazza sul mare chiusa da una vetrata nei mesi più freddi, i tavolini erano apparecchiati in modo semplice ma pulito e su ognuno era stato poggiato un piccolo vasetto di fiori con una candela,
Dalla vetrata si vedeva il mare e in lontananza il dondolio delle lampare.
Il cameriere si affrettò a portare i menù e Clara pensò a quanto sarebbe durata la tortura di quella cena.
“ Mia cara cosa preferisci? A proposito, per favore, chiamami Roberto” e sorridendo le versò da bere.
Clara non era abituata a cenare fuori, se non qualche rara pizza con le sue amiche di scuola, e tantomeno a bere, per cui il calice di vino che le venne offerto e che non poté rifiutare le diede subito un lieve capogiro che dissimulò con un sorriso. Col cibo ottimo e l’ affascinante compagnia la tortura si rivelò piacevolissima e il tempo passò in un baleno. Tornati in macchina Roberto fece la strada al ritroso e tornati in paese prima di congedarsi inaspettatamente le diede un bacio sulla guancia, poi sorridendo mise in moto e partì.
Clara dopo aver salutato velocemente il padre si rifugiò nella sua cameretta e nel buio ripensò a quella strana giornata, mentre un leggero turbamento si agitava nel petto. La notte passò insonne e al mattino ingoiata a fatica la colazione si preparò e velocemente prese la strada per la corriera con un pensiero ed un nome fissi nella mente.
Nei giorni seguenti Clara ricevette fiori, cioccolatini, e moltissime telefonate. Roberto la corteggiava, era palese, con una discreta insistenza, iniziando a chiamare in ufficio per brevissimi minuti.
Clara accettò altri inviti a cena, ma stavolta senza mentire a suo padre. Gli aveva raccontato tutto per filo e per segno, e mentre lo guardava arrossendo un po’ per la piccola bugia vide in quegli occhi passare un velo di malinconia subito dissimulato da un tenero sorriso. Guido sapeva che presto sarebbe successo e Clara sarebbe volata via da quel nido in cui l’ aveva cresciuta e protetta, che un altro uomo le stava rubando il cuore, e che a lui sarebbero rimaste tante ore di solitudine e di attesa davanti. Ma era la legge della vita, e doveva pensare solo alla felicità di sua figlia.
Passarono alcune settimane e una sera Roberto, a sorpresa, si presentò a studio e senza darle tempo di ribattere la condusse in riva al mare. Poi appoggiandosi ad una vecchia barca, le mani in tasca la guardò per alcuni istanti, e a bruciapelo le disse “ Ti amo Clara”.
Clara pensò che il mondo avesse preso a volteggiare e cercò di dire qualcosa ma non riusciva a dire nulla. “ Sai ti do detto una piccola bugia, la prima volta che sono entrato in realtà non avevo nessun appuntamento e come vedi non l’ ho mai ripreso!” Clara d’ un tratto realizzò che in effetti quel nome lo aveva sentito per la prima volta quel pomeriggio di due mesi prima, e che, vero anche questo, lui non aveva più preso nessun nuovo appuntamento con il dott. Perna. Serrò i pugni per la rabbia ma non poté dire nulla perché Roberto le prese le mani e le disse dolcemente” Ti avevo visto per caso all’ università, io lavoro di fronte, allo studio di mio padre, e mi hai rapito. Così ho cominciato a indagare, a chiedere e poi ti ho seguito. Beh, forse valgo più come detective che come commercialista!”
E rise di nuovo. “ A volte il cuore fa fare strane pazzie, e tu sei la mia follia, la mia dolcissima follia.”
E la baciò delicatamente stringendola a sé:
Clara iniziò a piangere, non sapeva se essere infuriata per la bugia o felice per quell’ amore che anche lei provava e che aveva sperato tanto fosse ricambiato. Roberto le asciugò le lacrime e sorridendo le chiese “ Dimmi di si, Clara. Non ci saranno mai più bugie fra noi, te lo prometto.”
Due anni dopo, in una tiepida giornata di primavera, Guido accompagnava Clara, raggiante nel suo abito bianco, camminando piano nella navata della chiesa del paese. Ad attenderla Roberto, il suo inconfondibile sorriso, preludio di un futuro di felicità.