Elide prima di uscire di casa fermò lo sguardo nello specchio dell’ ingresso.
Quello che vide la soddisfece, era ancora una bella signora alla soglia dei settant’ anni, i capelli ormai candidi erano stati ben pettinati, gli occhi chiari e luminosi ombreggiati da un velo di trucco, solo un accenno di rossetto rosa, e poi quell’ abito, una nuvola di chiffon grigio e azzurro che le donava un’ aria fresca e radiosa. Un piccolo mazzolino di roselline bianche e rosse tra le mani, avvicinò il viso ed aspirò il profumo ed un’ emozione improvvisa le chiuse la gola, ripensando a come fosse stata diversa la sua vita solo pochi mesi prima. E sorrise.
Era una giornata di fine settembre, Elide vagava inquieta per la grande casa, vuota e silenziosa. Sul comò dentro una cornice d’ argento un viso le sorrideva, era quello di Renato, suo marito, che l’ aveva lasciata da un paio d’ anni. Si erano conosciuti sui banchi di scuola, ai tempi del liceo, pieni di sogni e soprattutto di voglia di novità, un nuovo modo di pensare, di vivere, altri valori, Il ‘ 68 fu un anno di svolta per i giovani e lei e Renato lo avevano vissuto con tutta l’ euforia dei loro diciotto anni.
Dopo la laurea e con la maturità degli anni seguenti e la necessità di un lavoro, qualche sogno era scivolato nel dimenticatoio, ma il più importante lo avevano realizzato, avevano trovato un impiego e in pochissimo tempo si erano sposati, coronando la loro storia d’ amore.
Il tempo era trascorso felice e rapido, avevano avuto due figli, un maschio e una femmina, e in un battito di ciglia si erano trovati già nonni vicino alla pensione, con tanti desideri da realizzare, qualcuno riaffiorato dal fondo di un cassetto, ora che il tempo libero lo avrebbe permesso.
Ma non c’ era stato quel tempo, Renato se ne era andato all’ improvviso in una fredda mattina di dicembre, lasciano Elide nello sconforto e nel dolore. I figli avevano la loro famiglia, e pur assicurandole affetto non potevano essere sempre presenti e le ore di solitudine erano diventate insopportabili, incorniciate da gesti sempre uguali e pasti solitari davanti alla televisione.
Fino a quella mattina.
Si era alzata presto e dopo un caffè Elide decise di riprendere un vecchio lavoro a maglia lasciato in un angolo, ma il suono del telefono la distolse quasi subito. Si alzò e rispose decisamente seccata.
“ Elide, sei tu?”. “ Si sono Elide ma tu chi sei? Ci conosciamo?”,
“ Ma certo, sono Romina, ti ricordi di me? Siamo state compagne di liceo, sapessi che fatica ho fatto per rintracciarti, finché ho incontrato Giulia, te la ricordi?. Non ci crederai ma eravamo vicine di posto a teatro e ci siamo riconosciute subito e ci siamo riabbracciate dopo tanti anni, e subito le ho chiesto di te, e mi ha dato il tuo numero di telefono. So che vi sentite e vi vedete ancora di tanto in tanto. Oh Elide vorrei tanto rivederti!”
Elide sobbalzò e rispose cortesemente alla vecchia amica, iniziando a parlare del passato, dei figli, dei nipoti e di suo marito e di quella morte ingiusta.
Romina le disse che era tornata a Roma per restarvi, dopo aver girovagato per il mondo per lavoro. Aveva un divorzio alle spalle e non aveva avuto figli, perciò ora che anche lei era in pensione aveva voglia di godersi il tempo che le rimaneva e di riallacciare le vecchie amicizie che non aveva mai dimenticato, e senza dare il tempo ad Elide di ribattere le disse che nel pomeriggio sarebbe passata a trovarla, si fece dare l’ indirizzo e fissò un appuntamento per un bel caffè insieme.
Quando riagganciò Elide scrutò il viso riflesso nello specchio, era un viso spento, i capelli in disordine, senza un filo di trucco, Quanto tempo era trascorso dall’ ultimo appuntamento dal parrucchiere? Nemmeno lo ricordava.
Con un sospiro guardandosi intorno si affrettò a sistemare la casa, preparò dei biscotti da accompagnare al caffè del pomeriggio, e in un attimo fu ora di pranzo.
Quindi dedicò del tempo a se stessa, una piega ai capelli, un po’ di trucco, e degli abiti semplici ma puliti.
Un cambiamento che lo specchio le rimandò e che la soddisfece.
L’ ora dell’ appuntamento arrivò subito e presto il suono del citofono annunciò l’ arrivo di Romina. Com’ era cambiata dai tempi della scuola, ora era una signora dalle forme generose, dai lunghi capelli che una tintura sui toni del rame rendeva strepitosi, gli abiti larghi e dai colori vivaci, i gioielli di foggia orientale a incorniciare il viso e le dita delle mani ben curate. Ma gli occhi erano rimasti quelli di un tempo, scuri e ardenti, così come la risata squillante e gioiosa.
Romina era stata manager di una nota multinazionale, e aveva viaggiato moltissimo, aveva sposato un ricco industriale ma il loro matrimonio era fallito per i troppi reciproci tradimenti. Era sola da alcuni anni, ancora in cerca dell’ amore con la A maiuscola.
Fu così che le parlò di un posto che aveva iniziato a frequentare dove ci si incontrava per ballare e bere qualcosa, a volte si organizzavano pranzi o cene ed era riservato a persone della loro età. Si affrettò a precisare che non era un centro anziani, ma un circolo quasi esclusivo e che ci si accedeva solo tramite conoscenza. In fondo non c’ era nulla di male, ci si incontrava per ballare, chiacchierare, giocare a burraco, insomma per passare il tempo in compagnia di persone colte ed educate. Elide rifiutò l’ invito ma Romina non si diede per vinta e per due settimane la tempestò di telefonate e inviti finché, dopo averne parlato con i figli che la incoraggiarono, Elide accettò pentendosene immediatamente.
Il giorno dell’ appuntamento si recò dal parrucchiere e acconsentì a una veloce manicure. A casa scelse un abito scuro, e il collier di perle che Renato le aveva regalato per il 25° anno di matrimonio. Era un modo per sentirlo accanto e darle conforto.
Quando varcarono la porta del circolo Elide si rese conto che era davvero un posto raffinato, ben arredato, dipinti importanti alle pareti, divani e poltrone damascate e grandi lampadari di cristallo ad illuminare gli spazi per la conversazione; alcune delle sale erano utilizzate per i giochi di carte, altre per i tornei di scacchi o dama, lungo il lato principale trovava posto una ampia caffetteria, mentre dal lato opposto si accedeva a due spaziose sale dove poter ascoltare la musica e ballare. Alle estremità di ciascuna delle sale due porte vetrate immettevano in altrettante sale da pranzo, con tavolini di varie dimensioni dove chi voleva poteva pranzare o cenare a seconda delle necessità.
Romina appariva a suo agio perché conosceva già diverse persone, mentre Elide si sentiva come una scolaretta al primo ballo della scuola.
Si diressero verso una delle sale da ballo e Romina fu subito agganciata da un conoscente, mentre Elide rimase in disparte con la voglia matta di scomparire ingoiata da un muro, finché una voce dietro di lei le disse” Anche lei si annoia a morte?” girandosi Elide incontrò due occhi chiari che brillavano sorridendo. “ Permette? Alberto, generale in pensione, per servirla” e con eleganza abbozzò un mezzo inchino.
“ Molto lieta generale, mi chiamo Elide ed effettivamente mi sento un pesce fuor d’ acqua, non conosco nessuno e mi sento terribilmente a disagio. Poi sono davvero arrugginita con il ballo e preferirei sedermi in un posto più tranquillo”
“ Allora se permette, sarei lieto di offrirle qualcosa seduti alla caffetteria dove c’è sicuramente più tranquillità e se le fa piacere potremmo scambiare due chiacchiere visto che ormai siamo qui” e così dicendo allargò le braccia sorridendo. Alberto era un bell’ uomo, i candidi capelli incorniciavano il viso ornato da baffi e pizzetto anch’ essi bianchissimi e ben curati. Il vestito grigio di ottimo taglio gli davano un’ aria elegante e piacevole.
Si diressero ad un tavolino e ordinate due cioccolate iniziarono a parlare. Alberto era vedovo e aveva due figli maschi, due gemelli, che avevano portato avanti la tradizione militare di famiglia, iniziata dal loro trisavolo. Alberto viveva solo, in una grande casa troppo vuota e troppo silenziosa, dedicandosi all’ hobby del modellismo, leggendo, passeggiando e lasciandosi coccolare da una domestica al suo servizio da decenni, che lo viziava cucinando per lui ottimi pasti.
Il pomeriggio passò in un lampo, chiacchierando e ricordando delle loro vite passate, parlando dei figli e dei nipoti e delle loro solitudini.
Quando finalmente Romina riapparve all’ orizzonte la trovò a parlare e ridacchiare con il generale, e sorridendo fra sé e sé si avvicinò per riportarla a casa.
Il generale si congedò da entrambe con un elegante baciamano, confidando in un prossimo incontro.
Da quel pomeriggio Elide e Romina si recarono spesso al circolo, le loro esistenze sembrarono all’ improvviso esplodere e riprendere un senso, riempiendosi di musica, chiacchiere e allegria.
E mentre Romina svolazzava come un’ ape tra i fiori, corteggiata da molti, Elide e Alberto piano piano divennero una coppia sempre più affiatata, iniziando a sentirsi e vedersi anche al di fuori del circolo. Finché una sera di febbraio, poco prima di San Valentino, Alberto la invitò a cena al circolo, dove con sorpresa Elide scoprì che un’ intera saletta era stata riservata per loro, un tavolino elegantemente abbigliato ed ornato di rose rosse e bianche. Quasi al termine della cena emozionato e balbettando come uno scolaretto, porgendole un mazzolino di rose bianche e rosse, magicamente comparse grazie alla complicità di un cameriere, Alberto schiarendosi la voce le disse: “ Elide, mia cara, sono passati alcuni mesi da quando ci siamo incontrati proprio qui, e mi sembra di conoscerti da sempre. Sei entrata nella mia vita e nel mio cuore, e vorrei tanto che facessi parte, per il tempo che mi resta, di questa mia vita e di questo mio cuore, ormai un po’ pazzerello. Perciò cara ti chiedo se vuoi diventare mia moglie” e così dicendo sfilò quasi tremando dalla tasca un piccolo astuccio con un anello che le porse con gli occhi lucidi e mano tremante.
Elide sentì gli occhi riempirsi di lacrime, per un attimo il cuore iniziò a fare mille capriole e pensò di essere sul punto di svenire, poi si riprese e balbettò “ Sai Alberto, le persone che abbiamo perso faranno sempre parte delle nostre vite, del nostro passato che niente e nessuno potrà mai cancellare, né potremo mai scordare di quello che abbiamo provato per loro e che continua ad esistere nei nostri cuori, però possiamo provare a guardare avanti, unendo le nostre solitudini, perché il cammino non appaia buio come fino al giorno in cui ci siamo incontrati, proprio qui. Sei una persona a cui è difficile non volere bene, l’ amore dei vent’ anni è altra cosa, il nostro è un amore diverso, ma pur sempre bellissimo. Ed è per questo che ti dico si”.
In quella mattina di Giugno al braccio di suo figlio Elide entrava nella piccola chiesetta addobbata, guarda caso, di roselline bianche e rosse, mentre Alberto l’ attendeva all’ altare nel suo completo blu, una rosa bianca nell’ occhiello e gli occhi lucidi.
Incorniciati dall’ amore dei figli pronunciarono una promessa che il destino aveva benedetto sin dall’ inizio, serbando nel cuore il desiderio di una lunga felicità.