Le prime scaramucce
Tutto ebbe inizio durante una delle quotidiane esercitazioni con i rapaci.
Mentre galoppava, Tuya lanciò il suo falco simulando un inseguimento e lasciandosi alle spalle il nutrito gruppo di falconieri.
I suoi ordini spinsero il rapace a librarsi per aria e a volare a qualche decina di metri dal suolo.
L’ amazzone, galoppando, aveva messo una certa distanza tra lei, Saikhan e gli altri cavalieri e si ritrovò isolata nel momento in cui il suo rapace precipitò al suolo, perché trafitto da un quadrello nemico lanciato da un balestriere.
Tuya trasecolò dalla sorpresa e dall’ orrore e, per istinto, frenò l’ andatura del cavallo.
Non si era ancora resa conto della presenza tra le colline e, ben nascosto tra gli anfratti, di un plotone di guerrieri mongoli che, con una manovra repentina, la stavano assediando ed erano quasi riusciti a circondarla. La ragazza si accorse di loro solo quando uscirono dal riparo delle rocce e degli arbusti sparsi nella steppa.
L’ attacco fu fulmineo e Tuya, ancora frastornata dall’ accaduto, non ebbe la prontezza di reagire voltando il destriero. Furono le urla di allarme dei suoi compagni a riscuoterla e a spronarla a fuggire, solo allora impose una rapida giravolta al cavallo lanciandolo in una folle galoppata, incontro ai compagni che si stavano affannando per raggiungerla.
Gli inseguitori la pressavano e lei rendendosi conto che, da lì a poco, i primi cavalieri mongoli l’ avrebbero raggiunta, spronò il suo destriero ad aumentare l’ andatura. Un nugolo di frecce le piovve intorno e si trovò costretta a sdraiarsi sul collo del cavallo per non offrire troppo bersaglio.
Purtroppo, uno dei dardi colpì i garretti posteriori del destriero, che nitrì di dolore, s’ imbizzarrì, disarcionandola e infine, stramazzò al suolo. Tuya si ritrovò per terra, imprigionata dal peso del cavallo e in balia dei suoi inseguitori.
Un attimo prima di essere raggiunta, Shine, lanciata dal suo addestratore, attaccò il primo dei guerrieri, che guidava la pattuglia mongola, artigliandolo sulla testa.
I falchi tibetani seguirono l’ esempio attaccando ognuno uno dei guerrieri e creando un parapiglia tra gli assalitori.
Nel marasma che si venne a creare, uno dei mongoli raggiunse la fuggitiva e piegatosi dal cavallo tentò di catturare la ragazza al volo.
Quel gesto atletico venne fermato da una freccia scoccata dall’ arco di Ramroch. Il cavallo proseguì la sua corsa trascinando per un piede, imprigionato nella staffa, il mongolo ferito a morte.
Ramroch balzò dal suo destriero ancora in corsa e raggiunse la vestale, ancora intontita per la caduta.
« Stai bene?» le domandò con aria preoccupata, ma lei non rispose, non avrebbe potuto. Il trauma subito per la caduta e il peso del suo destriero sulle gambe, l’ avevano lasciata inebetita e con un lieve ottundimento dei sensi a causa del colpo ricevuto.
Mentre Saikhan e gli altri li proteggevano, il giovane principe sollevò la ragazza trasportandola sulle sue braccia e caricandola sul suo destriero, quindi montò lui stesso e tenendola ben salda contro il suo petto, spronò il cavallo portandola al riparo.
I suoi compagni ebbero la meglio sugli assalitori e solo quando anche l’ ultimo dei mongoli fu eliminato, il gruppo si riunì ai due giovani.
« Come sta?» domandò Saikhan smontando da cavallo.
«È ancora intontita, deve aver battuto la testa. La caduta è stata rovinosa, ma non mi pare che abbia qualcosa di rotto.»
Ramroch aveva trasportato la ragazza presso un ruscello e con una piazzuola bagnata le tamponava con delicatezza il viso.
In quel momento Tuya riaprì gli occhi e si ritrovò il volto del principe vicinissimo al suo. Lui la sosteneva per le spalle e nel contempo le rinfrescava la fronte.
I loro sguardi si incontrarono e rimasero incatenati.
« Come ti senti?» le domandò lui, con dolcezza.
« B ... bene -Il tono di Tuya era un po’ esitante -ma che è successo?»
Era evidente che fosse in stato confusionale e Saikhan le si avvicinò per rassicurarla: « Va tutto bene! Gli esploratori dell’ esercito mongolo ti hanno aggredita, ma il principe Ramroch è intervenuto in tempo per salvarti.»
Lei arrossì, avrebbe voluto ringraziarlo, ma proprio in quel momento si ricordò dell’ accaduto:
« Il mio falco! - gemette -me lo hanno ucciso!»
Quel tono di profondo rammarico commosse i due uomini.
« Te ne affiderò un altro più forte e più veloce, ma ora dobbiamo tornare!»
Il principe accennò il gesto di sollevarla da terra, ma lei si ritrasse: « No! -protestò alzandosi con fatica - Ti ringrazio per avermi salvata, credimi non lo dimenticherò, ma ora devo cavarmela da sola!»
« Come vuoi! -le rispose -ma lascia almeno che ti aiuti a montare in sella.» Ramroch unì le due mani formando un appoggio per il suo piede quindi, le agevolò la salita.
Appena giunti all’ accampamento fu Ragghin a prendersi cura della vestale conducendola nella tenda adibita alle medicazioni e lei gliene fu grata.
« Hai subito un brutto trauma, ma sei giovane e hai un fisico atletico, ti riprenderai presto.»
Tuya osservava con attenzione le zampe pelose della creatura, che le aveva deterso le abrasioni disinfettandole e lenendole le contusioni con tanta delicatezza, come fossero mani umane.
« Tu non appartieni al genere dei primati. -esclamò all’ improvviso - Non è possibile! Sei diversa da tutte le scimmie che conosco. Ti posso chiedere da dove vieni?»
Ragghin smise di trafficare con gli unguenti e le bende e la guardò con espressione franca.
« Anche Ramroch mi ha fatto la stessa domanda e un giorno vi svelerò l’ arcano. Piuttosto, mi è stato detto che il principe si è molto prodigato per salvarti. È vero?»
Tuya abbassò gli occhi nascondendo la sua confusione. Ragghin sorrise: « Credevi davvero che fosse tuo nemico?»
Lei arrossì, ammettendo: « Non capisco! Per me Ramroch è un vero enigma! Si è sempre dimostrato ostile nei miei confronti e a volte arrogante e ... »
« E invece ti ha dimostrato che ti stima e ti rispetta e io aggiungo anche, che lui tiene a te.»
Tuya la guardò sconcertata: « Tiene a me? In che senso?»
« In realtà voi due siete molto simili e lui ha avuto modo di intuirlo per primo. Nel momento in cui ti ha vista in pericolo, non ha potuto fare a meno di correre in tuo soccorso, senza pensare al rischio che correva lui stesso. Ramroch è solo molto orgoglioso e finora ha tenuto nascosto la stima e l’ ammirazione che prova per te. Proprio come hai fatto tu con lui.»
Tuya arrossì ancor di più. Ragghin possedeva un’ indole molto sensibile, in grado di scandagliare a fondo nel suo intimo e, forse, aveva anche percepito sensazioni ed emozioni che lei stessa rifiutava di far emergere e di ammettere.
« So di non essermi comportata bene con lui e vorrei tanto rimediare.»
« Se ti dimostrassi più malleabile, forse, tra voi potrebbe nascere una bella amicizia!»
In quel momento una voce risuonò all’ esterno dell’ infermeria interrompendo il loro dialogo: « Posso entrare, Ragghin?»
« Entra pure, mio principe!»
Ramroch sollevò il lembo del padiglione ed entrò con espressione preoccupata.
Lei era ancora pallida ma stava seduta sulla branda e questo lo rassicurò: « Come stai?»
« Ora bene e devo ringraziare te se sono ancora qui, tra voi. Mi è stato detto che hai compiuto un gesto eroico e io te ne sono grata Ramroch.» gli disse, porgendogli una mano.
Lui la guardò, un po’ sconcertato dal gesto di pace, poi gliela strinse e cercò di minimizzare: « Sono sicuro che avresti agito nello stesso modo, se fossi stato io in difficoltà. Comunque, sono contento che tu ti sia ripresa.»
Tuya gli sorrise e il volto le si illuminò. Ramroch si sentì ancora più confuso. Lei non lo aveva mai guardato in quel modo e il ragazzo trovò quel sorriso incantevole.
Per togliersi dall’ impaccio, spostò la sua attenzione su Ragghin: « Le ostilità sono iniziate. Gli esploratori hanno avvistato parecchie pattuglie come quelle incontrate da noi e sono avvenuti i primi scontri. Purtroppo, le loro forze sono dieci volte le nostre.»
« Sì, ma noi abbiamo il talismano di Taishir dalla nostra parte!» intervenne Ragghin poi aggiunse: « Occorre riunire il consiglio di guerra per elaborare la strategia migliore.»
Trattativa di pace
Dall’ alto di una collina, tre cavalieri osservavano lo schieramento delle forze mongole. Tuya, Ramroch e Ragghin rimasero interdetti.
Lo sgomento era tangibile, ma nessuno dei tre voleva palesare i propri dubbi e il proprio sconcerto.
Fu Ragghin a prendere la parola: « Non dobbiamo lasciarci soggiogare dalla potenza dell’ esercito nemico. Noi possediamo un’ arma segreta, che Tuya manifesterà al momento opportuno, come stabilito.»
« Ci saranno molti morti.» affermò con amarezza la vestale.
Ragghin la guardò, ammirandone il portamento fiero. La corazza scolpita su misura per lei, ne esaltava l’ aggraziata figura e l’ elmo, dalla celata ancora sollevata, contornava il suo volto mettendone in risalto la delicatezza dei lineamenti e la profondità degli occhi neri.
«È inevitabile che ve ne siano, ma nessuna delle probabili morti sarà inutile. I nostri guerrieri si batteranno per difendere la loro libertà e quella dei loro figli. La loro sarà una morte gloriosa!»
Un brivido di freddo percorse all’ improvviso la schiena di Tuya, che si mosse a disagio irrigidendosi sulla sella del suo destriero.
Una strana sensazione l’ aveva assalita e non era stata suscitata dalle parole di Ragghin, bensì avvertendo uno sguardo viscido e malvagio e la pelle le si era accapponata.
« Ci stanno osservando!» mormorò inquieta a fior di labbra e la scimmia, che le era al fianco, raccolse il suo bisbiglio.
Lo sguardo acuto dell’ arcana creatura aveva già individuato il cavaliere, che impugnava il cannocchiale di bronzo, in quel momento puntato sulla vestale.
“ Il re dei mongoli ha scoperto la tua grazia e la tua bellezza, mia signora! – pensò, senza osare di esternare la sua idea. - Quel maledetto ha individuato la sua preda e farà di tutto per conquistarla.”
Ramroch, a sua volta, colse l’ espressione preoccupata della sua insegnante e ne intercettò lo sguardo. Tra i due intercorse un dialogo silenzioso: “ Proteggila!” suggeriva lo sguardo di Ragghin “ Stai tranquilla!” rispondeva quello del giovane.
« Il labaro che sventola in prima fila porta le insegne del sovrano mongolo. Timughe Khan è un re guerriero. Di lui si narra che sia spietato e glaciale e che al suo passaggio, alle sue spalle, rimanga solo terra spoglia e desolata.» scandì Ragghin.
Il sovrano mongolo era chiaramente distinguibile. Il suo destriero, essendo candido come le vette delle montagne, risaltava su tutti gli altri e la corazza lucidata a specchio emanava bagliori. Il re indossava un elmo con il pennacchio nero e oro, gli stessi colori del suo vessillo e della gualdrappa.
Gli sguardi di tutti si fissarono sul candido destriero e proprio in quel momento, il mongolo puntò il suo giavellotto contro Tuya, quasi come per sancirne il possesso.
Tre cavalieri seguirono l’ indicazione del loro signore, poi si staccarono dal grosso dell’ esercito mettendo bene in evidenza un vessillo bianco.
« Vogliono parlamentare! Andiamo ad ascoltare!» esortò Ramroch.
Gansuch, rimasto in attesa con il grosso delle truppe, li raggiunse e il quartetto cavalcò fino a incontrare i tre messaggeri nella porzione di terra considerata neutrale e denominata “ terra di nessuno”.
I mongoli rimasero incantati dalla bellezza della giovane donna e, subito dopo, altrettanto sconcertati dalla presenza della scimmia a cavallo, che indossava un elmo e un pettorale di cuoio ed armata come un comune guerriero. L’ uomo si mosse a disagio quando si accorse che lei lo scrutava con espressione senziente e nel contempo sardonica.
L’ ambasciatore del re mongolo faticò a distogliere lo sguardo dalla bizzarra creatura, poi si riprese dallo sconcerto ed esordì con tono altezzoso: « Il nostro sovrano Timughe Khan, che le stelle lo illuminino sempre, propone ai ribelli una resa incondizionata e offre, con la sua rinomata magnanimità, di dimenticare l’ ostilità dimostrata dai ribelli finora, avanzando altresì una proposta di matrimonio in segno di pace. Re Timughe sarebbe felice di accogliere nel suo harem la vestale di pace.»
Tuya trasecolò e tacque un istante interdetta. Aprì la bocca per rispondere a tono ma Ramroch, vedendola sconcertata, la precedette, indignato: « Io, Ramroch, Cavaliere del Falco e principe di queste gloriose terre invio la mia controproposta al re “ Nessuno”: Se da parte sua ci sarà una resa incondizionata e, come prova di buona volontà e fratellanza, l’ offerta dell’ intero harem di sue spose e concubine, che sappiamo essere al suo seguito, ebbene, Ramroch, detto anche “ il pietoso” gli risparmierà la vita dimenticando l’ affronto dell’ invasione subita.»
Fu la volta del messaggero a rimanere interdetto: « Sei un folle, Cavaliere del Falco! Timughe Khan non accetterà mai queste condizioni!»
Ramroch impose una giravolta al suo cavallo, che scalpitò: « Vai e riferisci al tuo padrone il volere di un principe tibetano!»
I tre, diedero ancora un’ occhiata diffidente in direzione di Ragghin, poi fecero dietrofront e tornarono verso le loro linee.
Solo allora Gansuk si lasciò andare in una risata irridente: « L’ intero harem, principe Ramroch? Meglio affrontare l’ esercito mongolo, che un plotone di mogli e concubine inviperite dalla noia e dalla prigionia!»
Ramroch sorrise: « Non te la sei presa se sono intervenuto in tua difesa, vero Tuya?»
Lei avrebbe voluto rispondere che invece l’ aveva un po’ irritata il fatto che le avesse tolto la possibilità di replicare a tono, ma lo sguardo severo che le riservò Ragghin la costrinse a ingoiare il rimprovero.
« Grazie- si limitò a dire, senza rinunciare, comunque, a impartire una lieve stoccata- Comunque avrei potuto difendermi da sola.»
Tuya spronò il suo destriero e gli altri la imitarono, tornando nelle loro fila.
La battaglia
I due eserciti erano schierati e si fronteggiavano, esponendo ognuno le proprie forze. Era evidente l’ enorme disparità numerica.
I guerrieri mongoli si distendevano nella valle simili a uno sciame di cavallette mentre, i tibetani, erano all’ incirca un quarto.
Eppure, il cuore di ogni monaco guerriero e di ogni mercenario arruolato per difendere la patria batteva d’ orgoglio e di brama di combattere.
La tensione era palpabile tra i tibetani, ma era dovuta più al logorio dell’ attesa, che alla soggezione impressa dalla grandiosità dell’ esercito schierato di fronte.
Tuya e Ramroch erano alla guida dei lancieri a cavallo mentre Saikhan a sinistra guidava i falconieri e Gansuch la fanteria, con i monaci guerrieri a fare da avanguardia.
La ragazza gettò uno sguardo intorno, alla ricerca di Ragghin e il suo esercito di scimmie addestrate alla guerra, senza peraltro trovarla. Nessuno sapeva con precisione a quanto ammantasse il numero dei componenti di quel plotone.
La creatura era sempre stata un po’ vaga, anche se aveva assicurato che l’ apporto offerto dal suo plotone sarebbe risultato utile se non fondamentale. Gli addestramenti e gli allenamenti quotidiani, si erano sempre svolti piuttosto distanti dal grosso dell’ esercito. Le scimmie erano piuttosto rumorose e vivaci e Ragghin aveva preferito adottare quella soluzione, anche per non turbare e non disturbare i guerrieri con la loro presenza.
Quel bizzarro reparto doveva costituire una sorpresa, così come era stato stabilito nel consiglio di guerra.
Il suono profondo dei corni da guerra segnalò l’ inizio delle ostilità e l’ esercito mongolo si mosse con il passo cadenzato dei fanti.
Tuya e Ramroch si disposero ai lati dei loro lancieri lasciando a Gansuch e ai suoi fanti il compito di arginare il primo attacco.
Disponendo su tre fila i guerrieri a formare una barriera di scudi, il giovane monaco attese con pazienza il primo impatto tra i due schieramenti. Riponeva la massima fiducia nei suoi compagni, perché la manovra era stata studiata a tavolino e provata poi più volte sul campo.
Quando i fanti mongoli sbatterono le armi contro la barriera di scudi, i monaci guerrieri, rimasti nascosti fino a quel momento dietro ai compagni, compirono un balzo all’ unisono, piombando sui nemici e compiendo una prima strage. Quella mossa a sorpresa creò scompiglio e le prime fila mongole si sparpagliarono.
Tuya e Ramroch approfittarono di quel momento lanciando i loro rapaci e attaccando al galoppo con i loro lancieri.
continua...