Catena continuò: ” Vi haju parrari, ma nun ca, ci sunnu trù oppa genti chi nun si fa i fatti so… venite cu me.” Le due donne senza esitazione seguirono Catena, mentre Rosalia aveva il cuore in tumulto per l’ emozione ed al solo pensiero che forse poteva riavere la sua piccolina. Catena furtiva s’ infilò in un vicolo cieco, dove le case erano state abbandonate, per di più da famiglie che erano emigrate per lavoro. Donna Lucia impaziente le chiese:” Allura chi mi duviti diri? Parlate, chista jè Rusalia a matri vera di la picciridda.” Catena disse: ” Nun fate a santa cu me. Sapemu tutte e dui chi aviti cumminatu, aviti aprofittato o ri Annuzza chi nun poteva aviri figghi pi poi venderci a criatura ri sta povera disgrazziata…Ù ora parlai iu cu Annuzza e l’ ho convinta a rinunciare a Rusalia. Ma pi u beni ri tutti dobbiamo sotterrare chista laria facenna.” Lucia rispose: ” Sunnu d’ accordo cu vuatri ma nun perdiamo à utru tiempu annamu a pgghiari a criatura.”
Detto questo s’ avviarono presso la casa di Annuzza, stranamente la porta era aperta, Catena allarmata cominciò a chiamare la figlia ma non ebbe risposta, guardò per tutta la casa ma niente, disperata disse ad alta voce: ” Nun cc’è jè scappata. Maronna bì edda unni sarrà andata sta figghia mo.” S’ affacciò al balcone e chiamò la vicina di casa: ” Pippina affacciati, hai visto Annuzza mo?” Questa rispose: ” Catena chi vi jè preso para chi avi morso ‘ na tarantola, si a vidi andò per la fiumara…” Catena sempre più preoccupata disse: ” Annuzza jè impazzuta nun vulissa chi facissi qualcuosa ri bruttu, spicciamuci.”
La fiumara, era un corso d’ acqua che si trovava dietro la casa, in quel periodo dell’ anno era particolarmente impetuoso e copioso mentre al contrario in estate era molto placido. Giunte sul posto lanciarono un grido. Annuzza era sul ciglio del fiume, fissava l’ acqua con lo sguardo perso tenendo in braccio la piccola Rosalia. Catena le urlò: ” Annuzza chi vvoi fari, hai pirdutu a tì esta, rammi a picciridda, nun fari pazzie.” Rosalia a quel punto cercò di avvicinarsi ad Annuzza ma questa vedendola gridò: ” Nun vi avvinate si no mi butto cu a criatura, idda jè mo.” Rosalia di rimando rispose: ” Vi sbagghiate iu l’ ho portata rintra ri me pi nove mesi, iu l’ ho missa o munnu.” Mentre succedeva tutto ciò non si erano accorti che non erano sole ma poco più in là c’ era Bruno il ragazzo della corriera che stava pescando, il quale sentendo le urla era accorso per vedere cosa stesse accadendo. Rendendosi conto della gravità della situazione si era avvicinato di nascosto ad Annuzza e prontamente l’ aveva afferrata fra le grida di questa e della piccolina. Subito Rosalia si era avvicinata strappandole la figlia dalle sue braccia. La sua felicità era incontrollabile, finalmente per la prima volta la poteva stringere a sé, poteva sentire il profumo della sua pelle rosea, l’ accarezzò dolcemente per tranquilizzarla sussurandole: ” Vituzza mo, iu sugnu a to matri e nuddu ti porterà cchiù via da me.” Bruno ancora scosso per l’ accaduto disse a Rosalia: ” Sunnu cuntì entu ri esservi statu d’ aiuto, spero tantu chi trovate n’ anticchia ri pace!” Rosalia rispose: ” Vi avi mandato Gesù picciriddu chi sta pi nascere, grazzi assai pi tuttu.” Infine Bruno le fece un inchino in senso di rispetto e si allontanò. Lucia guardava la scena commossa ma non ebbe il coraggio di dire una parola, tutto questo dolore era opera sua, non meritava più di vivere, aveva perso tutto ciò che aveva costruito in quegli anni, rispetto e dignità e soprattutto aveva perso l’ unico amore della sua vita cioè il figlio Biagio. Ormai ne era sicura l’ avevano ucciso, non si perdona chi tocca i bambini. La sua esistenza non aveva più senso. E mentre Annuzza dopo essere stata immobilizzata ritornava a casa con Catena, si consumò un’ inaspettata tragedia. Lucia guardò Rosalia dicendole: ” Si ‘ na brava carusa e nun ti meritavi tuttu chiddu chi ti fici, perdonami si po’ e ricorda ri me sulu quel picca ri beni, salutami a Ninu digli chi gli haju voluto beni comu’ n figghiu. ” Rosalia la fissava non riuscendo a capire cosa volesse dire, poi improvvisamente Lucia urlò: ” Addio nica fì mmina…” E così dicendo si gettò nelle acque gelide, venendo trascinata via velocemente dalla corrente, Rosalia fece appena in tempo ad intravedere il corpo, gridò aiuto a squarciagola, ma non c’ era nessuno solo il rumore possente dell’ acqua. Restò ammutolita a fissare il fiume poi disse: ” Nun volevo chi andasse a finire accussì, picchì nun pozzu mai è sseri contenta chi arriva sempri ‘ na disgrazia?”
Faceva freddo, troppo freddo, iniziò a tremare, senza riuscire a fermarsi e inoltre cercava disperatamente di coprire il più possibile la piccola che iniziò a piangere incessantemente. Rosalia le sussurrò: ” Picciridda mo hai fami, ù ora matri vadda si ti trova du latti.” Risalì in paese con l’ animo in subbuglio, troppe emozioni l’ avevano sfiancata e la sua felicità era stata oscurata dal suicidio di Lucia, perché nonostante tutto, aveva voluto bene sinceramente a quella donna dalla vita così cruda e ostile. Scese fino alla piazzuola dove partivano le corriere, comprò del latte per sua figlia e un biglietto per fare ritorno a casa. Si stava facendo buio, a poco a poco si accesero tutti i lampioni del piccolo borgo, Rosalia ripensò con nostalgia al suo paese e soprattutto a Totuccia e Assuntina. Non provava più alcun risentimento per la madre, adesso capiva le difficoltà che aveva dovuto superare, le cattiverie e il perbenismo mascherato da falsi moralisti. Adesso sapeva che intorno ci sono dei lupi camuffati da agnelli, pronti a sbranare chiunque ostacoli la propria sete di egoismo. Adesso aveva il desiderio di riabbracciarla per fare pace con se stessa ed il suo passato. La corriera arrivò con mezz’ ora di ritardo, era quasi vuota essendo l’ ultima corsa del giorno, si sedette in fondo, aveva bisogno di stare sola per ritrovarsi e pensare al dopo. Cosa avrebbe fatto ora? Donna Lucia era morta, Biagio scomparso e molto probabilmente la pensione sarebbe stata chiusa.
Catena continuò: ” Vi haju parrari, ma nun ca, ci sunnu trù oppa genti chi nun si fa i fatti so… venite cu me.” Le due donne senza esitazione seguirono Catena, mentre Rosalia aveva il cuore in tumulto per l’ emozione ed al solo pensiero che forse poteva riavere la sua piccolina. Catena furtiva s’ infilò in un vicolo cieco, dove le case erano state abbandonate, per di più da famiglie che erano emigrate per lavoro. Donna Lucia impaziente le chiese:” Allura chi mi duviti diri? Parlate, chista jè Rusalia a matri vera di la picciridda.” Catena disse: ” Nun fate a santa cu me. Sapemu tutte e dui chi aviti cumminatu, aviti aprofittato o ri Annuzza chi nun poteva aviri figghi pi poi venderci a criatura ri sta povera disgrazziata…Ù ora parlai iu cu Annuzza e l’ ho convinta a rinunciare a Rusalia. Ma pi u beni ri tutti dobbiamo sotterrare chista laria facenna.” Lucia rispose: ” Sunnu d’ accordo cu vuatri ma nun perdiamo à utru tiempu annamu a pgghiari a criatura.”
Detto questo s’ avviarono presso la casa di Annuzza, stranamente la porta era aperta, Catena allarmata cominciò a chiamare la figlia ma non ebbe risposta, guardò per tutta la casa ma niente, disperata disse ad alta voce: ” Nun cc’è jè scappata. Maronna bì edda unni sarrà andata sta figghia mo.” S’ affacciò al balcone e chiamò la vicina di casa: ” Pippina affacciati, hai visto Annuzza mo?” Questa rispose: ” Catena chi vi jè preso para chi avi morso ‘ na tarantola, si a vidi andò per la fiumara…” Catena sempre più preoccupata disse: ” Annuzza jè impazzuta nun vulissa chi facissi qualcuosa ri bruttu, spicciamuci.”
La fiumara, era un corso d’ acqua che si trovava dietro la casa, in quel periodo dell’ anno era particolarmente impetuoso e copioso mentre al contrario in estate era molto placido. Giunte sul posto lanciarono un grido. Annuzza era sul ciglio del fiume, fissava l’ acqua con lo sguardo perso tenendo in braccio la piccola Rosalia. Catena le urlò: ” Annuzza chi vvoi fari, hai pirdutu a tì esta, rammi a picciridda, nun fari pazzie.” Rosalia a quel punto cercò di avvicinarsi ad Annuzza ma questa vedendola gridò: ” Nun vi avvinate si no mi butto cu a criatura, idda jè mo.” Rosalia di rimando rispose: ” Vi sbagghiate iu l’ ho portata rintra ri me pi nove mesi, iu l’ ho missa o munnu.” Mentre succedeva tutto ciò non si erano accorti che non erano sole ma poco più in là c’ era Bruno il ragazzo della corriera che stava pescando, il quale sentendo le urla era accorso per vedere cosa stesse accadendo. Rendendosi conto della gravità della situazione si era avvicinato di nascosto ad Annuzza e prontamente l’ aveva afferrata fra le grida di questa e della piccolina. Subito Rosalia si era avvicinata strappandole la figlia dalle sue braccia. La sua felicità era incontrollabile, finalmente per la prima volta la poteva stringere a sé, poteva sentire il profumo della sua pelle rosea, l’ accarezzò dolcemente per tranquilizzarla sussurandole: ” Vituzza mo, iu sugnu a to matri e nuddu ti porterà cchiù via da me.” Bruno ancora scosso per l’ accaduto disse a Rosalia: ” Sunnu cuntì entu ri esservi statu d’ aiuto, spero tantu chi trovate n’ anticchia ri pace!” Rosalia rispose: ” Vi avi mandato Gesù picciriddu chi sta pi nascere, grazzi assai pi tuttu.” Infine Bruno le fece un inchino in senso di rispetto e si allontanò. Lucia guardava la scena commossa ma non ebbe il coraggio di dire una parola, tutto questo dolore era opera sua, non meritava più di vivere, aveva perso tutto ciò che aveva costruito in quegli anni, rispetto e dignità e soprattutto aveva perso l’ unico amore della sua vita cioè il figlio Biagio. Ormai ne era sicura l’ avevano ucciso, non si perdona chi tocca i bambini. La sua esistenza non aveva più senso. E mentre Annuzza dopo essere stata immobilizzata ritornava a casa con Catena, si consumò un’ inaspettata tragedia. Lucia guardò Rosalia dicendole: ” Si ‘ na brava carusa e nun ti meritavi tuttu chiddu chi ti fici, perdonami si po’ e ricorda ri me sulu quel picca ri beni, salutami a Ninu digli chi gli haju voluto beni comu’ n figghiu. ” Rosalia la fissava non riuscendo a capire cosa volesse dire, poi improvvisamente Lucia urlò: ” Addio nica fì mmina…” E così dicendo si gettò nelle acque gelide, venendo trascinata via velocemente dalla corrente, Rosalia fece appena in tempo ad intravedere il corpo, gridò aiuto a squarciagola, ma non c’ era nessuno solo il rumore possente dell’ acqua. Restò ammutolita a fissare il fiume poi disse: ” Nun volevo chi andasse a finire accussì, picchì nun pozzu mai è sseri contenta chi arriva sempri ‘ na disgrazia?”
Faceva freddo, troppo freddo, iniziò a tremare, senza riuscire a fermarsi e inoltre cercava disperatamente di coprire il più possibile la piccola che iniziò a piangere incessantemente. Rosalia le sussurrò: ” Picciridda mo hai fami, ù ora matri vadda si ti trova du latti.” Risalì in paese con l’ animo in subbuglio, troppe emozioni l’ avevano sfiancata e la sua felicità era stata oscurata dal suicidio di Lucia, perché nonostante tutto, aveva voluto bene sinceramente a quella donna dalla vita così cruda e ostile. Scese fino alla piazzuola dove partivano le corriere, comprò del latte per sua figlia e un biglietto per fare ritorno a casa. Si stava facendo buio, a poco a poco si accesero tutti i lampioni del piccolo borgo, Rosalia ripensò con nostalgia al suo paese e soprattutto a Totuccia e Assuntina. Non provava più alcun risentimento per la madre, adesso capiva le difficoltà che aveva dovuto superare, le cattiverie e il perbenismo mascherato da falsi moralisti. Adesso sapeva che intorno ci sono dei lupi camuffati da agnelli, pronti a sbranare chiunque ostacoli la propria sete di egoismo. Adesso aveva il desiderio di riabbracciarla per fare pace con se stessa ed il suo passato. La corriera arrivò con mezz’ ora di ritardo, era quasi vuota essendo l’ ultima corsa del giorno, si sedette in fondo, aveva bisogno di stare sola per ritrovarsi e pensare al dopo. Cosa avrebbe fatto ora? Donna Lucia era morta, Biagio scomparso e molto probabilmente la pensione sarebbe stata chiusa.