Chi vive a cento, a cinquanta chilometri da Napoli stenta non poco, di solito, a capire dove finisce la capitale del Mezzogiorno e dove cominciano i suoi comuni limitrofi; dal 1977 al 1981 insegnai in una scuola media della provincia di Caserta, a Carinola: quando dicevo (nei primi due anni) che venivo da Arzano, i colleghi e le colleghe pensavano che venissi da Napoli.
Ricordo che una volta, per non so più quale festicciola, nella scuola c’era bisogno di sfogliatelle, ma "napoletane veraci, non come quelle che fanno qui! " Incaricarono me di comprarle: alla mia obiezione ("Guardate che io vengo da Arzano, non da Napoli! ") non fecero alcun caso, e mi diedero la responsabilità di portare sfogliatelle "come tradizione comanda" (andai a comprarle, di prima mattina, in una pasticceria nei pressi di casa mia: ottennero un discreto successo...)
Un’altra volta una collega di Matematica originaria della campagna romana, che viveva a Carinola perché da poco aveva sposato un giovanotto del luogo (era una ragazza socievole, vagamente rassomigliante all’attrice Sabrina Ferilli, che non aveva dismesso il suo colorito vernacolo romano un po’ burino, di provincia: "Ahò, ma che stai a dì, e parla ‘taliano! ", disse una volta, sotto i miei occhi, a un alunno che si stava litigando con un altro, offendendone la madre con i più vieti ed abusati epiteti napoletani), mi pregò, appassionata di arredamento com’era, di comprarle a Napoli una rivista specializzata ("Casabella" o come diavolo si chiamava, che a Carinola, come del resto ad Arzano, non arrivava); fu inutile spiegarle che io non vivevo a Napoli: ogni mese mi recavo in città per fare contenta quella simpatica ed empatica collega (io ho anche un po’ di sangue romano, perché una mia bisnonna, una nonna di mia madre, una Laurenti, era originaria di un paesino presso Tivoli), facendole credere che le avevo comprato la rivista a due passi da casa mia...
Del resto pure io, quando visitavo qualche grande città europea, a volte non sapevo bene dove in realtà mi trovavo: a Parigi, nel Bois de Boulogne o in quello di Vincennes, ero ancora a Parigi o, appunto, già nei comuni di Boulogne- Billancourt e di Vincennes? E, passeggiando per Bruxelles, improvvisamente mi imbattei in un paio di strade che non avevano più delle targhe scritte in francese, ma in fiammingo (ero evidentemente già entrato in una municipalità di lingua fiamminga, dove anche il nome della capitale cambia, diventando Brussels) .
Ed anche a Pomigliano bisogna stare attenti. Prima dell’industrializzazione, prima del 1940, il paese era ben separato dagli altri da almeno un paio di chilometri di terreno coltivato. La nascita del rione delle "Palazzine" e di tutte le vie e le case che sono venute dopo di esso (quei due chilometri quadrati scarsi che io, e non solo io, ho ribattezzato "Vomero di provincia") ha praticamente congiunto il mio comune a quello di Castello di Cisterna: l’Istituto tecnico industriale "Eugenio Barsanti" è in territorio pomiglianese, ma il benzinaio di fronte (dove vado talvolta a fare rifornimento) è in quello cisternese!
Tutto è relativo: quando restiamo nelle nostre città, nei nostri paesi, abbiamo ben chiaro il senso della differenza tra il nostro comune e quelli vicini, mentre più ce ne allontaniamo, più diventiamo per gli altri, indistintamente, originari di una certa megacittà, o di una certa megaregione!