Dialogo di raccordo.
Ogni notte alle tre precise, mi sveglio, faccio un giro per casa, pochi passi, poi, vado a letto e mi riaddormento. Questo, capita spesso, sempre alla stessa ora, l’ orologio biologico del corpo suona la sveglia anzi tempo, un vero fastidio. L’ altra sera, svegliandomi,” ‘ e ch vò dico ‘ a fà,” alle tre precise, ho deciso di restare a letto, rinunciando alla solita passeggiata per casa, all’ osservare la luna nel cielo, alla boccata di veleno di sigaretta, al bicchiere d’ acqua fresca e alle inutili nuvole di pensieri che arrivano spinte dal vento del risveglio precoce. Girandomi e rigirandomi nel letto ho cercato un dialogo con parti di me, cercando di raccordare la biologia del corpo con la cielogia spirituale, sapete, molte volte queste si disarmonizzano, bisogna intervenire e fargli stringere la mano estraniandosi dall’ una e dell’ altra, in poche parole raccordare con l’ intervento dell’ io. No, che dite … non sono schizofrenico, anzi, non c’è nessuna ragione per andare da uno strizza cervelli a raccontargli il mondo sommerso, il conflitto tra le onde dello spirito e quelle del corpo, non capirebbe, la metafisica è materia personalissima. Comunque, immaginatemi alle tre di notte che giro e rigiro il mio corpo come il pollo sullo spiedo del girarrosto; nel letto la lotta delle mani per stringere i morbidi cuscini, la voglia contemporanea di dormire e di restare sveglio, accidenti, una vera tortura, come quelle che avvenivano nel periodo dell’ inquisizione della chiesa fascista nei tempi passati; decido di intervenire, ora basta, non è possibile questa lotta di sopraffazione da entrambe: " natura divina e natura terrena che litigano" queste, non riescono a trovare un’ armonia per il bene di tutto l’ insieme, comprese loro; Riflettendo, cerco di fare da intermediario tra di loro che sono disconnesse l’ una dall’ altra semplicimento per dispetto o per alchimia di trovare nuovi equilibri, questo vallo a sapere ... Cerco il dialogo!
Dialogo notturno alle tre e quindici della notte nel silenzio della camera da letto, ad accezione del ritmatico abituale rumore delle sfere dell’ orologio che scappano le une dalle altre. Capisco bene che qualcosa non va come dovrebbe, che alle tre di notte il bioritmo biologico rallenta, ogni elemento riposa, il corpo, gli organi, e persino i sogni a volte, la materia si ricarica del duro lavoro laborioso fatto nel giorno, meritatamente, riposa; ma non comprendo perché interviene lo spirito che anticipa il risveglio con il fare dispettoso, si intromette con la biologia corporea mentre dovrebbe prendere licenza e svolazzare nei sogni e tornare a visitare il tutto sua casa che è natura divina; Quindi, con tono fermo ho chiamato all’ ordine entrambe le parti raccordandole come una chitarra dal suono perfetto, raccomandandogli con affetto ad entrambe di fare una buona convivenza in questa casa che è corpo, uno trio, e chi sà quante altre parti sconosciute agli inquilini che vi ci abitano, compresa la punta che riesco a vedere che chiamo io. Dopo di che, mi sono riaddormentato.
In righe non usuali.
Ho aperto cento porte.
Il porto è sicuro, forse...
Ancora cerco ...
La tempesta del corpo non fa paura.
La lucciola brilla nel pensiero.
Le ancore di qualsiasi nave accoglie il fondale.
Tra foglie verdi e quelle ingiallite dal tempo riposa la ciurma dei miei pensieri.
Sto in cerca dell’ ultimo battente.
Cullato dalle onde del sonno ristoratore di quella porta che non conosco l’ oltre.
In attesa di un’ alba nuova, resto supino.
Con certezza devo, con fermezza, attraversare l’ uscio dell’ armonia per cullarmi nel dondolio del mare.
Per conoscere altro di me dimenticato. |
|