Allergico ai gradi, alle divise, ma non ingeneroso, venerdì diciannove aprile scorso sono andato a ricaricare, con cinquanta euro, la mia carta "Postepay", che uso solo per qualche sporadica donazione, perché il mio conto risultava azzerato (suppongo che si aggirino dei ladri nella rete, dato che mi sembrava di avere speso soltanto venti o trenta dei cinquanta euro che avevo fatto immettere nella carta quasi un anno fa...)
Tornato a casa, decido di provare subito l’ efficacia di quella ricarica, facendo una donazione di venti euro al sito "Scrivere. info" . L’ invio mi viene subito accettato, ma con mia sorpresa, pochi minuti dopo, nonostante sia tuttora convinto di avere premuto sull’ icona "donazione", vedo comparire, tra i nomi dei poeti ufficialmente iscritti come autori al sito, anche il mio, preceduto da un evidente e per me non poco imbarazzante "bollino verde" .
Immagino che, a causa dell’ identicità della somma versata, la Redazione abbia pensato che io volessi iscrivermi e che avessi premuto, per disattenzione, sull’ icona sbagliata... Comunque, col passare dei giorni, mi sto abituando, sia pure a fatica, a questa mia nuova veste di scrittore "patentato" .
Ma da dove nasce la mia allergia nei confronti delle divise e dei gradi? Ricordo che, da bambino, tremavo all’ idea che il maestro elementare potesse affidarmi, talvolta, la mansione di capoclasse (la mia memoria mi suggerisce che egli mi accontentò, o che, ventenne o giù di lì, essendo iscritto a un circolo culturale, passai un paio di ore sgradevoli quando il fondatore del circolo mi volle per forza fare mettere una fascia al braccio, indicante "servizio d’ ordine", durante uno spettacolino organizzato nel cinema del comune dove allora abitavo...
Ricordo poi molto bene che, sempre ventenne, dopo avere bene o male superato gli esami medici durante i cosiddetti "tre giorni" della visita di leva, ebbi (come tutti, evidentemente) un colloquio con un tenente (o tenente colonnello), probabilmente esperto di psicologia, che mi sottopose un test basato su dadi da disporre in un certo ordine (era, tutto sommato, un modo molto sbrigativo per individuare grossolanamente il quoziente intellettivo) . Dopo avermi spiegato vagamente il risultato che avrei dovuto ottenere, il tenente si alzò, prese una sigaretta dalla giacca e si avviò lentamente verso la porta, per andare a fumarsela fuori (si era probabilmente abituato con gli altri giovani a fare passare una decina di minuti prima che essi giungessero ad una qualche soluzione) . Io (forse anche perché da poco tempo reduce dalle solo apparentemente incomprensibili lezioni di matematica, alla scuola media superiore, di don Savino Coronato, già allievo di Ettore Majorana nonché unico e stimato assistente di Renato Caccioppoli) non gli diedi il tempo di uscire e dissi: "Tenente, ho finito! " Egli si meravigliò alquanto ma, dopo avere controllato il mio operato, mi disse: "Hai un’ intelligenza superiore. Ora pensa all’ Università, ma poi, mi raccomando, fa’ la domanda per diventare allievo ufficiale, perché l’ Esercito ha bisogno di giovani come te! " Mi congedai da lui ancora più convinto di non volere fare nessuna domanda, ma di fare passare quel futuro periodo dedicato alla patria nel modo più semplice possibile, da soldato semplice appunto...
"Si è constatato che più forte è il tasso gerarchico- funzionalista di una società, minori sono i motivi di novità che dinamizzano e rinnovano l’ assetto sociale, la cui scarsa elasticità finisce con l’ emarginare tutto ciò che l’ ordine gerarchico non considera necessario alla sua funzionalità", si legge alla voce "Gerarchia" del "Dizionario di psicologia" a cura di Umberto Galimberti: ecco, qui forse c’è la sintesi della mia idiosincrasia nei confronti delle divise e dei gradi di tanti tipi, soprattutto nell’ ambito della ricerca artistica, ma probabilmente anche scientifica (come sarebbero infatti nati tanti capolavori e come sarebbero avvenute tante scoperte se gli artisti e i ricercatori fossero rimasti sempre confinati all’ interno di una rigida gerarchia?)