Non ha importanza sapere di che sfida si tratti. Ha avuto esito positivo. E’ compiuta. Sfida vinta.
Una sfida, impropriamente definita così, non condotta con altri, ma con se stessi. Quindi una specie di gioco, una prova, un esercizio.
Una sfida che non danneggia nessuno, che ti lascia un leggero senso di soddisfazione, che ha avuto il potere di distrarti dalla pesantezza della quotidianità, che vede ora comparire un bel sorriso su quella tua faccia sempre immersa in qualche oscuro pensiero.
Niente di così trascendentale. Ti senti ora come dentro una cornice, sul comò, ferma nel tuo meritato riposo.
Non si è trattato di una gara. Nessun premio. Né di una corsa, nessun podio, né di sedersi ad un posto d’ onore, in primo piano. Niente riflettori, niente applausi, niente inchini.
Una vetrinetta anomala, guardare davanti a te come si guarderebbe l’ orizzonte cercando di comprenderlo nello sguardo, pur sapendo che è infinito. E dare spazio alla fantasia.
Una vetrinetta dove ti vedi come un libro sullo scaffale, senza spavalderia, ma per passione. Una vetrinetta dove ti ammiri come in uno specchio, senza per questo strafare con trucchi e cose simili.
Sentire dentro di te quell’ entusiasmo di un bambino come per dire ho vinto. Ma cosa ho vinto? Un’ altra gomma da masticare, un orsacchiotto, una penna, un gioco nuovo?
Ho vinto la spensieratezza, l’ allegria senza un vero motivo, l’ attimo che rende la vita meravigliosa anche quando è del tutto normale.
Ho vinto il tempo che non ho avuto necessità di misurare, che non ha dato noia, ho vinto l’ assenza dal pensiero, il volo nell’ immaginario.
Ho vinto l’ attimo che si unisce ai tanti attimi e che condiziona il nostro modo di pensare la vita.
La vita è. Noi pure. Questa sfida l’ ho vinta. Quale? Una qualunque, non ha importanza. Importante è l’ essere stati caparbi quanto basta. La sfida prossima potrebbe essere quella di cambiare il modo d’ affrontare la vita.