Non è un pensiero che ti distrae dalla normale attività casalinga o d’ ufficio, un capriccio che ti assale e a cui non sai opporre rifiuto, non è la voglia improvvisa di fuggire dalla realtà che ti circonda, non è un’ idea caparbia della mente.
Niente di tutto ciò. A volte pensiamo alla vita come un dono, altre come una condanna, diamo più importanza ai suoi aspetti negativi in certi casi, in altri valutiamo solo quelli positivi, quantifichiamo, siamo abituati a farlo, sì, quantifichiamo ogni cosa.
Quanto bene mi vuoi? Chiediamo a qualcuno. Come se il bene si potesse misurare. Il bene esiste oppure no. Sembriamo assorti in chissà quale problematica della vita, invece all’ improvviso ci soffermiamo sul tempo che passa. E’ volata un’ altra settimana, esclamiamo… E’ passata così... e cosa abbiamo fatto? Nulla. Poi, siccome vogliamo raggiungere l’ apice, spostiamo il nostro pensiero verso chi amiamo e vive lontano da noi. E così misuriamo anche la nostra storia d’ amore e la chiudiamo nel numero di volte al mese che siamo riusciti ad incontrare la nostra dolce metà.
Perché poi ci ostiniamo a chiamarla dolce metà, non so. E’ un individuo distinto da noi, con le sue abitudini, il suo carattere, la sua personalità, il suo modo di vedere le cose, i suoi pensieri e le sue azioni che non sono le nostre. Lasciamogli la libertà di rimanere scisso da noi.
Ma sto andando fuori strada, la mente compie acrobazie. Torno indietro, torno all’ inizio. Non è un pensiero, dicevo, che ti distrae dalla quotidianità che ti impone obblighi e sì, regole, che ci piaccia o no. Vogliamo non pronunciare questo nome, regole, ma sono insite nella nostra vita e nel nostro modo di rapportarci agli altri e comportano tutta una sfera di doveri .
Non è un pensiero che ti strappa via da qualsiasi altra cosa tu stia facendo prima di renderti conto di ciò.
E’ una condizione che viene a crearsi, uno stato della mente, una percezione non del tutto chiara, una forza misteriosa che ti trascina nei lidi dell’ immaginario.
Un mondo diverso ti chiama, una strana inquietudine ti assale. Sei mare, apparentemente calmo, ma in movimento. Sei cielo pulito azzurro. Ma quanta fatica per cacciare via le nubi.
Ecco che questo tuo sentire lievita silenziosamente, è un sottofondo che si espande e sale in superficie, indossa i panni della malinconia. La malinconia che precede la creatività, quella tutta concentrata sulla mente e sull’ opera che si sta per realizzare. Un sentire che diventa necessità vitale.
Come se dal nulla venisse fuori qualcuno, invisibile, diventasse materia e ti dicesse di seguirlo. Un foglio è un foglio. Un foglio di word è immenso, se vogliamo, infinito, si salta alla pagina appresso, quando lo spazio finisce. Non so se esiste un limite alle pagine.
Nasce un silenzio, un verbo, un farfugliare indistinto, un verso, un’ espressione nuova, originale, un rigo, un canto, un lamento, una riflessione, una favola, una verità, qualcosa… che lascia una traccia su un foglio
E così ti allontani al largo e vai, ti fermi quando il mare si placa, quando torna la quiete. E lì su quel foglio sei tu, quel tuo pensiero che un istante dopo ti pare di non riconoscere, quella tua paura espressa a metà, un ricordo riemerso, un’ immagine che ti ossessiona, un desiderio che ti rende esuberante, un aneddoto che ha lasciato il segno.
Su quel foglio sei tu, nudo nell’ anima, senza vergogna. Uno scrigno che contiene pietre preziose e pezzi di vetro. Ma le une si confondono con gli altri. E chi guarda in questo scrigno, può trovare pietre rare o solo cocci, o entrambe le cose, può vederle o meno, decidere di prenderle o ignorarle.