Alice gettò lo sguardo a terra ed osservò il mucchio di cicche che aveva buttato e pensò proprio di avere esagerato. Del resto, era seduta su quella panchina del parco da molte ore e non aveva fatto altro che fumare.
Osservava distrattamente le anatre selvatiche che nuotavano nel piccolo laghetto e l’uomo dal grande cappello che gli dava da mangiare. Starnazzavano litigando per il cibo e sbattevano velocemente le ali. Alice avrebbe voluto essere un uccello, librarsi in volo e non tornare più. Si trovava in una situazione non proprio felice, aveva imbastito bugie su bugie ed ora, il castello era diventato così grande che le fondamenta stavano per cedere.
Era iscritta all’ università già da molto tempo ed aveva sostenuto solo i primi due esami, poi da quando il suo ragazzo l’aveva lasciata per la sua migliore amica, classico pensò, mai fidarsi di nessuno… si era fermato tutto, da allora aveva finto di studiare, finto di andare all’ università ed era falso anche il suo libretto con i voti. Ed era stata così brava, quasi un’attrice da premio Oscar a darla a bere a tutti, ma soprattutto ai suoi genitori. I quali, fiduciosi di quella figlia così apparentemente tranquilla e seriosa, non potevano immaginare di essere stati così pesantemente raggirati.
Il cerchio ora stava per chiudersi, aveva riferito ai suoi che stava ultimando la tesi e la tanto attesa laurea, era prossima.
Adesso si trovava in un mare di guai, come uscirne? Se avesse confessato tutto, i genitori ne sarebbero morti di vergogna e di dolore. Già… fieri di lei, mamma e papà avevano pensato di dare un rinfresco in suo onore, invitando amici e parenti. Loro così umili, la mamma fruttivendola ed il padre operaio, avevano sperato che almeno uno dei loro sei figli si fosse laureato, diventando così l’ orgoglio della famiglia. Avevano fatto dei grossi sacrifici, lavorando giorno e notte e per fortuna, almeno in questo, Alice non aveva sperperato quei soldi, ma li aveva depositati in un libretto postale.
Aveva un groppo in gola e non era solo per l’ennesima sigaretta, ma perché si sentiva un verme, una fallita, una persona senza futuro e né prospettive. Si guardò attorno e stranamente in quel giorno di festa, in giro non c’ era nessuno, tranne l’uomo dal grande cappello.
La disperazione stava prendendo il sopravvento, c’era un’ unica soluzione, farla finita. Ma avrebbe avuto il coraggio? Lei che aveva paura della sua stessa ombra.
Intanto, il cielo si stava abbrunando e si coprì di nuvoloni che non promettevano nulla di buono. Doveva decidere cosa fare in fretta, la famiglia a quest’ora sarebbe stata in apprensione. Sentiva lo stomaco contratto in una morsa dolorosa, un po’ per il digiuno ed un po’ per la tensione. Si decise, si alzò e si avviò lungo il sentiero che s’ addentrava nel parco, anche se non era prudente restare lì di sera e per giunta con quel brutto tempo, ma a lei non importava più nulla, che senso aveva vivere dopo aver fatto tanto male ai suoi?
Camminando tra le foglie rinsecchite ed i pinoli che cadevano giù dalle pigne, i suoi passi scricchiolavano. Ad un tratto udì, anche quelli di qualcun altro che le stava dietro, si girò ma non c’era nessuno, forse era il frutto della sua immaginazione, continuò a percorrere il viale ed ecco nuovamente il rumore. Questa volta si voltò di scatto ma non vedendo nessuno fu presa dal panico ed iniziò a correre con il cuore in gola, ad un tratto sentì un braccio che l’ afferrava con forza ed una voce: ”Signorina, signorina è un po’ che la chiamo, ha dimenticato questo sulla panchina.” Le porse il libretto universitario. Osservò l’uomo e con grande stupore riconobbe la persona che dava da mangiare alle anatre. Guardandolo da vicino notò che era un uomo interessante, sulla quarantina, occhi profondi e neri.
Balbettò un grazie e stava per allontanarsi quando all’ improvviso l’acqua venne giù dal cielo violentemente. L’uomo aprì l’ombrello che aveva con sé e le propose di accompagnarla fino all’auto.
Presentandosi le porse la mano: ”Giulio e lei?”
Con la voce rotta dal pianto rispose: “Alice”.
Giulio continuò: “Scusi se mi permetto, è da un po’ che l’ osservo e ho notato che è molto turbata, so che non sono affari miei ma forse potrei aiutarla.”
Alice pensò che aveva bisogno di confidare a qualcuno quel segreto che la stava divorando. E così, come un fiume in piena, gli raccontò tutto.
Lui l’ascoltò in silenzio ed alla fine le disse: ”Forse sono l’ultima persona che può darle dei consigli, visti i grossi errori che ho commesso in passato, ma non le sembra che sia arrivato il momento, almeno per questa volta che sia sincera con i suoi genitori? Se l’amano come dice, sono certo che riusciranno a capire ed perdonarla…”.
Lei scosse il capo e rispose: ”Non se ne parla proprio, ne morirebbero…”.
Giulio aggiunse: ” Lei è proprio cocciuta, vuole continuare a sbagliare?”
Alice si soffermò a pensare tra sé ed in quel momento si rese conto che l’uomo aveva ragione, era ora di assumersi le proprie responsabilità, a costo di perdere la stima dei suoi cari, anche se in fondo pensò che non avrebbe perso il loro affetto.
“Mi ha convinto!”
Gli chiese un passaggio visto che era a piedi, ma l’ uomo dispiaciuto, rispose che doveva andare da tutt’ altra parte.
Alice, un po’ contrariata salutò Giulio e s’incamminò velocemente verso casa. L’ acqua cadeva incessantemente ma non le importava, arrivò davanti al palazzo, le luci di casa erano tutte accese, segno che la famiglia l’aspettava. Salì le scale e quando giunse davanti alla porta ebbe la tentazione di fuggire ma poi le rimbombarono in testa le parole di Giulio e si fece coraggio; aprì la porta e con grande stupore trovò tutta la famiglia al completo compreso i nipotini. Strano, aveva l’ impressione che la guardavano con sospetto. La mamma si rivolse a lei dicendole: ”E’ molto tardi Alice, siamo stati tutti in ansia, e poi in giro… con questo temporale, sei tutta bagnata”.
Alice con gli occhi colmi di lacrime rispose: ”Ho una cosa molto importante da dirvi, non interrompetemi altrimenti non riesco a continuare… mi dispiace ma vi ho ingannato, non ho fatto male solo a voi ma anche a me stessa… io…”. Stava per continuare quando dall’ altra stanza sbucò Giulio.
Lei sbigottita gli disse: ”Lei che ci fai qui?”
Il padre fissandola rispose: ” Ma quando avevi intenzione di fare durare ancora questa bugia?.
Lei: ”Cosa?”
Il padre continuò: ”Ascolta sappiamo tutto già da molto tempo, l’abbiamo scoperto per caso, un giorno che tu dicevi di aver un esame sono venuto a prenderti all’ università, poi non vedendoti fra gli altri studenti, sono andato dal professore per chiedere informazioni e con mia grande sorpresa ho appreso che erano anni che non frequentavi più… allora dopo un momento di grande smarrimento e d’accordo con tutta la famiglia, ho ingaggiato un investigatore privato, Giulio. Eravamo preoccupati che stessi combinando qualcosa di brutto ed in seguito abbiamo atteso che tu ti decidessi a confessare”.
Alice non riusciva a credere a ciò che aveva udito, sapevano ogni cosa e avevano aspettato che fosse arrivata fino in fondo al baratro per convincersi ad ammettere le sue colpe. Da una parte era risollevata, ma dall’ altra risentita. In tutto questo tempo non si era resa conto di essere stata pedinata, Giulio era stato proprio bravo.
Alice li guardò con la punta di orgoglio che le era rimasta e con voce ferma: ”Bene, allora è giunto il momento che me ne vada di casa…”
Tutti restarono ammutoliti e nella stanza piombò un silenzio surreale, le si avvicinò tirandole la gonna la nipotina Bea la quale gridò: ”Zia, zia, non te ne andare noi ti vogliamo un mondo di bene…”.
Disorientata non sapeva che decisione prendere, intervenne Giulio: ”Se lei è d’accordo può venire a lavorare nella mia agenzia, ho bisogno di una persona come lei…”.
Alice ebbe un istante di incertezza e nel mentre ripensava alla proposta ricevuta rispose: “Va bene, accetto!”
Era ora di riprendersi la vita da dove l’aveva interrotta, nessun uomo era più importante del suo avvenire