Paure
Ancora sale da dentro e raggiunge il campanile della mente. Ancora mi rincorre con il suo ghigno da folle, perseguita, mi impedisce di giocare, di espandere i confini. Il mostro apparve improvvisamente nella mia anima per la prima volta tanto tempo fa, avevo in quel preciso momento le porte dell’anima spalancate al mondo, cancelli in costruzione, ero appena un ragazzino, vispo e pronto a respirare la vita, a inzupparmi di essa come una spugna di mare, quando, per congiunzioni di pensieri, luoghi, idee, sentimenti che si infiltrano senza che riusciamo a capire da dove vengono fuori, da quale cilindro appaiono senza che ce ne rendiamo conto, queste edificano in noi cattedrali di paure che ci accompagnano per l’intera vita, e, anche se riusciamo a razionalizzare il tutto ridendoci sopra, persistono come cellule dei nostri pensieri inconsci, ci limitano nel percorso e nelle azioni della nostra vita. Il goffo mostro di nome Ciaccàro cominciò a rincorrermi improvvisamente mentre calciavo un pallone in rete su un polveroso terreno nella tenuta antica del conte Tarsia, mentre gridavo e gioivo per il gool appena fatto; fu tale lo spavento, la paura nel vedere quel ghigno sinistro rincorrermi per tutto il terreno di gioco che scappai con quanta forza avevo nelle mie piccole gambe, fortunatamente non mi acciuffò, in un attimo prima che lui riuscisse a prendermi mi ritrovai nelle braccia di mia Madre. Pallido per lo spavento sopravissi fisicamente alla paura. Mia madre, anch’essa impaurita, comprese solo allora la sciocchezza grave che aveva organizzato e lo cacciò via strillando, brandendo la scopa. Fu Lei, prima che questo grave episodio avvenisse, a chiedere al mostro di non farmi giocare a pallone:“Non volevo che mi rovinassi le scarpe” Demenziale l’idea, inconsapevolmente calò dentro di me il brutto primitivo sentimento della paura atavica del male, dove da binari ancestrali si raccolsero le ansie della progenia, del primitivo mondo della specie. Raccolsi così l’eredità della fobia insieme a quella della persecuzione, smisi di giocare a calcio e abbandonai la mia passione definitivamente, mi costò caro questo, quando gli amici mi veniva a chiamare mi nascodevo, avevo paura del mostro... Ci sono azioni che come aratri solcano terreni fragili, terreni fertili nei bambini che si affacciano alla finestra del mondo, facendo poi germogliare in questi paure che li accompagnaneranno per l’intera esistenza. Molte volte gli adulti per ignoranza, per cattiva conoscenza, per idee strane, per egoismo, per inconsapevolezza, nemmeno immaginano cosa seminano nel campo dei girasoli della mente, nelle pagine bianche della memoria dei fanciulli. Ogni azione che parte da noi adulti dovrebbe essere pesata prima di lasciarla andare verso l'immacolato campo dei bambini, masticata e non sputata come una pallina di gomma zuccherosa. Il guaio è che noi adulti non riflettiamo sul fatto che in un determinato tempo, possiamo essere artefici di steccati per la loro mente e per la l'esplorazione del mondo che li circonda. Questo accade spesso ad opera di adulti che tarpano, tagliano le loro ali semplicemete con azioni o parole non soppesate, o ritenute banali. E a pensare che il mandante fu mia Madre ...
Ancora ricordo il ghigno del Super Io,
i denti malsani ingialliti dalla nicotina,
le mani ruvide,
la testa grande come un pallone,
gli occhi gonfie e la bava che gli usciva dalla bocca.
In un tempo di un giorno qualsiasi,
lontano da ora, lo ammazzai;
stava seduto comodamente in un pensiero,
scavai nei segmenti più reconditi,
arrivai alla camera gestazionale,
lo vidi intero nella sua goffaggine,
impugnai lascia della rabbia,
e con un solo colpo lo decapitai.
Non gli perdonai l’inseguimento... |
|