Il paese si sveglia piano quasi in punta di piedi, senza voler far rumore e dar fastidio.
Il sole prova a farsi strada fra la coltre nebbiosa, brina sui campi e sulle panchine.
Se tendi l’orecchio puoi sentire i suoni smorzati della campagna che prende vita, i muggiti delle mucche provenire da fondo valle, i pettirossi che rompono il silenzio e le biciclette cigolanti.
Le campane rintoccano piano, odore di pane e di caffè, qualche automobile borbotta e le prime persiane fanno capolino.
In certi momenti sembra che il tempo si fermi veramente.
Venendo da fuori sembra di piombare nel nulla assoluto, un mondo parallelo, situato da qualche parte dell’appenino Tosco Emiliano, qui il progresso si è fermato poco dopo la moka.
Tanti non hanno il cellulare, se vogliono chiamare un amico o un conoscente fanno due passi e bussano alla porta di casa, un’ altro stile di vita, più sempice, meno contratto.
Lontano dal caos cittadino, lontano dallo smog. La coda più lunga la trovi per comprare il pane.
Seicento anime, tante oltre i cinquanta, pochi giovani, fortunamente godiamo di buona salute, è una grande famiglia di parenti picchiatelli e pecore nere, qualche mosca bianca.
Abbiamo il mitico Don Pino che da bravo ex- camerata fa sentire tutta la sua mancanza di flemma e di indulgenza urlando dal pulpito e per le vie del paese. Da giovane faceva parte degli arditi, era un’ira di dio, ne ha manganellati parecchi.
Parliamo quotidianamente e spesso mi racconta le sue imprese, è un po’ fissato ed in certe occasioni quasi assoluto, ma non è un cattivo soggetto; un uomo di chiesa non del tutto portato per fare il parroco. Alle volte mi lascia perplesso, temo che un giorno imbracci la mitraglia e uccida qualcuno.
Si passa poi al fornaio- pasticcere Luigi, è stato soprannominato "Trombino" gode di fama di Latin Lover, socievole, loquace, gioviale un po’ con tutti, ma con le donne diventa quasi asfissiante, un martello pneumatico fa meno rumore. Facesse in città quello che fa qui, verrebbe tacciato di stalking e lo metterebbero al rogo.
Il grande KaroL, meccanico di auto e moto. Bravino anche con le vecchie carrette e con ogni mezzo a motore. Da ragazzo correva nelle gare, ma dopo un brutto incidente che gli è costato fratture alle costole e femore destro spezzato, ha appeso il casco al chiodo. E’ rimasto un po’ lento sulla parte sinistra, ora va in bicicletta. Ha un figlio piccolo di pochi mesi e una compagna che ogni tanto lavora all’emporio della Terzani.
La Elena Terzani è il tormentone del paese, una donna di quasi quarant’anni, divorziata che ha scelto di vivere lontano dalla città, bella presenza, lo sa, ma fortunatamente non lo da a pesare. E’ un esplosione di sorrisi, solare e un po’ matta, un gran fisico, ex ginnasta. Le fanno quasi tutti un corte spudorata, ma la signora, anzi signorina ha altri gusti.
Infine la piccola Sora Luna, lavandaia e sarta, vecchio stampo, come stira lei nemmeno un rullo compressore,
Un po’ cecata, ma sempre in cervello, piccola perchè sfiora il metro e cinquanta.
Molti hanno figli lontani e ricordi della guerra, visi solcati dalla sofferenza e occhi pieni di lacrime.
C’è tanta storia qua, più che nei libri, ex Partigiani, qualche prigioniero di guerra, un paio di Ebrei.
Qualcuno ha rischiato di morire.
Si vocifera che ci siano alcuni soldati della Schutz- staffeln.
Una stele in piazza per ricordare i caduti, una grande casa popolare punto di ritrovo per quando fra freddo, per le feste e per incontri sociali.
Io, la uso principalmente per tenere corsi di fotografia, giocare a biliardo, ping pong e per passare un po’ di tempo, quando posso.
Un paese non acconcio a chi vuole vivere la notte o per chi cerca il brivido, di contro è il luogo ideale per mettere su famiglia e per cercare pace.
Qui la notte è meravigliosa.
Durante l’ estate feste e sagre, rumore buono, calore umano, sopra le nostre teste un cielo stellato a far da cornice a tutto quanto. Il silenzio autunnale ha qualcosa di mistico.
Puoi sentire il treno in lontananza e se è stagione di pioggie il fluire del fiume.
Il vento passa per le vie, quasi a raccontare una storia, fa sbattere qualche anta chiusa male e si perde nella piazza del paese.
L’ orologio della torre campanaria batte ogni ora, ma non da fastidio, anzi è un suono confortante.
Fine prima parte