Pare che accadano i miracoli, quelli davvero miracolosi, tipo incontrare il Dott. Meraviglia per ben due volte.
Lunedì, appuntamento con la nuova TAC, che, da inesperta, mi pare non dica nulla di buono.
Il Dott. Meraviglia è sorridente, gentile, non si sbilancia, dice giustamente che bisogna confrontarla con i risultati antecedenti la terapia, ma nel computer e nella cartella clinica non ci sono riferimenti alla precedente TAC, strano, ma forse si usa così.
Io sono la paziente e paziento.
Mi visita, WOW è la seconda visita da gennaio, vuoi vedere che si sono accorti che esisto anche fisicamente e non solo come un numero da sbrigare, peraltro è sempre stato lui a visitarmi la scorsa volta, allora ho ragione a pensare che è un dottore in gamba.
Dice che è un peccato non avere fotografie della tetta prima, sorrido trionfante: ce l'ho!
Ho documentato il percorso, posso mettere le foto sulla penna USB e portargliele insieme alla vecchia TAC, concordiamo un nuovo incontro due giorni dopo.
Mercoledì, dall'analisi comparata è poco il miglioramento di seno e linfonodi, le metastasi sono stabili nelle ossa, aumentate nel fegato; ebbene si, bisogna cambiare farmaci.
Mesi buttati inutilmente, ma la medicina è una scienza empirica e io sono la paziente, paziento e spero.
Il Dott. Meraviglia controlla tutti gli esami di sangue e urine e ci rimanda a venerdì per l'inizio della nuova terapia.
Che sia la volta buona?
Venerdì, il mio compagno, che è un inguaribile ottimista, dice alla segretaria che abbiamo appuntamento con il Dott. Meraviglia, la ragazza ci sorride compassionevole e spiega che non è possibile, beh, bisognava immaginarselo, due miracoli in una settimana sono ben oltre lo sperabile.
Nessun problema, io sono la paziente, paziento, spero e accetto.
Numerino, attesa, tocca a noi.
Una dottoressa nuova, ma quanti sono?
Entro ben disposta, una donna sarà sicuramente più empatica, mi aspetto un'accoglienza garbata e attenta, magari anche qualche sorriso.
Capisco subito di essere un'inguaribile ottimista anch'io, a quanto pare i sorrisi non sono contemplati nel pacchetto cancro.
Ma almeno, contrariamente al Dott. Volevofareilserialkiller, mi degna di uno sguardo e una rapida stretta di mano, non si presenta, ok, sceglierò io il nome che esprima i suoi talenti.
Chiede solo le mie generalità, niente convenevoli, viene scrupolosamente evitata qualsiasi informazione sul mio stato di salute, tanto c'è la cartella clinica, cosa centro io?!
Comincia a leggere, si fa ripetere la mia data di nascita e chiede le analisi di sangue e urine.
Panico da ottimismo!
Le avevo portate due giorni fa e chissà perché avevo creduto che fossero state conservate nella cartella clinica o nel computer, io l'avrei fatto, ma non sono un dottore, io sono solo una paziente che comincia ad essere meno paziente, meno sperante, meno accettante.
Normalmente sono una persona molto controllata, pronta a capire e giustificare anche l'ingiustificabile, ma, per l'ennesima volta, sta succedendo qualcosa che non mi piace e la mia pazienza scricchiola.
Cercando di controllare la belva che che ha iniziato sommessamente a ringhiare dentro me, imposto la voce e spiego che il Dott. Meraviglia, due giorni prima aveva detto che tutto era ok, lei non si ammorbidisce e incalza dicendo che non può prendersi la responsabilità della prescrizione senza aver visto le analisi.
La mia belva sbava e si dibatte furiosa, sta cercando di uscire, sento il sapore del sangue, l'eccitazione del copro a corpo, il piacere della violenza più efferata a sanare torti millenari.
Guardo il mio compagno che per carattere ha reazioni piuttosto vivaci, ma, questa volta, è contenutissimo, visibilmente preoccupato, credo abbia percepito il furibondo approssimarsi dell'Armageddon, un occhiata alla dottora e due a me, immaginandosi scenari di distruzione alla Chuck Norris.
Ma la Dott. ssa Hoaltrodafare non percepisce il pericolo e si accanisce.
Con voce autoritaria mi rende edotta sul fatto che lei dice ai suoi pazienti di portare sempre le analisi.
Poco importa che io non sia mai stata una sua paziente e che il Dott. Meraviglia avrebbe potuto lasciare un appunto.
Quando è troppo è troppo, la dottora vuole morire, mollo la belva!.
Un attimo prima dello scatenarsi degli eventi incrocio gli occhi del mio lui che mi sussurra: “ Ci penso io”.
Mi fa tenerezza, capisco che lo sto mettendo in seria difficoltà, prendo un respiro profondo, mi appello a tutti i guru della non violenza, penso che il dottoricidio, sebbene motivato, non è tra le mie priorità, credo di farcela a riprendere il controllo, si... no... non del tutto.
Mi alzo di scatto e dico con una certa veemenza per due volte “ NON CE LA POSSO FARE!!!” la prima guardando la dottora, la seconda sbattendo la porta che trovo sul mio furente cammino.
Giù per sei piani di scale con la sensazione di scagliare fulmini e saette ad ogni rabbioso passo.
Mi trovo fuori dall'ospedale, mi calmo e penso che sono stata brava a non ucciderla.
Penso che in fin dei conti la Dott. ssa Hoaltrodafare avrà tanti casini personali e difficoltà nel gestire un lavoro così impegnativo, penso che abbia voluto solo essere zelante, ma, C... AVOLO!!!. Umanità e cortesia li ha venduti per comprale lo stetoscopio?
Il mio uomo mi chiama al cellulare, dolcissimo mi dice che la dottora ha compilato la prescrizione e mi aspetta per ragguagliarmi sugli effetti collaterali.
Risalgo, questa volta aspetto l'ascensore, non sono più così arrabbiata da rischiare l'infarto con sei piani in salita.
Ma non riesco ad entrare nel reparto, non ho sbollito abbastanza, avviso lui con un sms e aspetto che mi venga incontro.
La Dott. ssa Hoaltrodafare è cambiata, mi guarda, mi sorride, si scusa, io spiego, cercando di non essere troppo aggressiva, che in certe condizioni il modo in cui vengono dette le cose è importantissimo, si scusa ancora; accidenti, non posso più infierire.
Entra il Dott. Meraviglia è stato lui a compilare la prescrizione, mi fa una carezza sulla testa, come a un cucciolo domestico.
Ecco qua, la belva torna governabile e io torno a essere la paziente, molto paziente, molto sperante, molto accettante e molto rassegnata.
Ok, vado a farmi sparare in vena l'Aperol, così chiamo uno dei farmaci di questo nuovo ciclo di chemio, perché ha il colore rosso allegro dell'aperitivo, ma, francamente, soffrirei meno se potessi annegare in una cisterna di Aperol e non parlo solo di sofferenza fisica.
Terapia???