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Apre gli occhi nella stanza buia, non ha voglia di alzarsi, dalle fessure delle persiane, vede una luce che a lei appare quasi odiosa, non ha più voglia di fare niente, si sente svuotata, incapace di provare una qualsiasi emozione, la sua vita, è come se avesse perso colore, brio. Si sente come una marionetta nelle mani degli altri, che gli muovono i fili facendole fare quello che vogliono. Il suo malessere è facile da diagnosticare: è il male oscuro, la depressione. Un male subdolo, cattivo, che ha intaccato tutte le sue fibre, lasciandola priva di energia e della volontà di reagire. Non ha più voglia di vivere, di credere, di sperare, vive una vita che non sente sua, anzi, vegeta. Sente il telefono che squilla, ma non ha intenzione di rispondere, non vuole parlare con nessuno, non ha la forza di alzare nemmeno un dito. Tutto intorno a lei, è scuro, anche il cielo le appare diverso, non ha più l’ azzurro sfavillante ma è diventato opaco, nebuloso. La sua esistenza sembra spezzata in due. Da ragazza, quando si sentiva ancora viva, con sogni, speranze e guardava al futuro con grandi aspettative… ed ora, con un vuoto, che la fa sentire triste e spenta. Cosa l’ aveva ridotta così? I sensi di colpa, il rimorso, la consapevolezza di avere commesso un grosso sbaglio, ma non era il solo, erano tanti gli errori commessi; si aggirava per casa come un fantasma, sciatta e abbrutita. Nella sua mente i pensieri si affollavano e diventavano ripetitivi, spesso se ne cristallizzava uno in particolare e come un vecchio giradischi inceppato, ripeteva sempre: ” Perché? Perché ho preso quella decisione invece di un’ altra?” Ed era capace di ripetersi ciò, anche per tutta la notte. La decisione, si! Quale? Quella di ergersi a giudice e decidere sulla vita del proprio bambino, lei aveva scelto di interrompere l’ esistenza di quel piccolissimo cuore. La sua mente va a ritroso e ricorda… Una mattina, si era alzata con una strana spossatezza, si accorse che aveva un ritardo del ciclo, lei, puntuale come un orologio, cominciò a preoccuparsi. Così, insieme al ragazzo, con cui stava da poco, decise di fare il test di gravidanza. Ricorda bene quella mattina che era sola in casa e tutta l’ ansia che aveva preceduto l’ esito del test ed il suo sguardo incredulo nel vedere il risultato. “ Positivo, era positivo, aspettava un bimbo.” No, non poteva essere, come avrebbe fatto a dirlo ai suoi? Si sarebbe messa contro tutta la famiglia e poi la vergogna… e lui, Claudio cosa ne avrebbe pensato? Alla notizia fu categorico, per tutta una serie di motivi non se ne parlava nemmeno di tenerlo. Emily era spaventatissima, tutto, improvvisamente, era diventato più grande di lei. L’ ingenuità a lasciarsi trasportare dalla passione, dalla curiosità di fare l’ amore, anche se non era più una ragazzina, aveva ventitré anni, ma rimasta bambina, insicura, dipendente dagli altri e si faceva condizionare da tutto e da tutti. I suoi genitori avevano fiducia in lei, la figlia timida, piena di complessi e soprattutto timorosa di ogni cosa, non li avrebbe mai delusi ed invece lo aveva fatto. Era cambiata anche fisicamente, aveva un colorito pallido ed aveva sempre sonno, tant'è che i suoi genitori erano preoccupati del suo stato di salute. Ma lei cercava di nascondere tutto e la notte dava sfogo alle sue ansie piangendo disperata. Intanto, Claudio le disse che avrebbe provveduto a tutto nel programmare l’ interruzione di gravidanza. Dapprima, le propose di andare da una donna che praticava l’ aborto a casa, come una volta, ma per fortuna Emily non accettò ed allora si decise per l’ ospedale. Si sentiva diversa, aveva quell'esserino così piccolo che stava crescendo dentro di lei e lo amava già. Si toccava il ventre, accarezzandolo e sussurrava: “ E’ il mio bambino, lo amo già.” Ma poi, pensando a quello che stava per fare, si incupiva. Furono giorni terribili, alternava momenti di disperazione con altri di rassegnazione. Il giorno stabilito si recò in ospedale con Claudio ed appena varcò la soglia della struttura pensò: “ Ma cosa sto facendo? Sono un’ assassina!” Intanto, dopo aver effettuato tutti gli esami, entrò nella sala operatoria per l’ intervento. Cominciarono ad iniettarle l’ anestesia, l’ ultimo suo pensiero, prima di addormentarsi, fu per quel piccolissimo esserino dentro di lei e dopo il nulla. Si svegliò stordita, indebolita e frastornata; restò in ospedale solo una giornata e nel tardo pomeriggio ritornò a casa. Fu difficile non confidarsi con qualcuno, e nello stesso tempo, continuare la vita di sempre; si sentiva sempre più sola, i suoi genitori la vedevano debole e stanca e pensavano che si trattasse di un periodo di stress. Non potevano immaginare che la realtà era ben diversa. Lei aveva ucciso il suo bimbo e niente e nessuno poteva consolarla. Intanto, le sue condizioni di salute peggiorarono e Claudio decise nuovamente di riportarla in ospedale per un controllo, Il dottore, dopo averla visitata, disse che l’ intervento non era perfettamente riuscito e necessitava ripeterlo. Fu così che venne rioperata, si sentiva carne al macello; paura, ribellione, sconforto, si erano impadronite di lei. Tutta questa esperienza la segnò per sempre: nelle scelte future, nel modo di vedere il mondo e se stessa. Non si sarebbe mai più perdonata. Il suo dolore era lancinante e dalla sua ferita sarebbe sgorgato per sempre il sangue di quella sua creatura. Dopo alcuni mesi sposò Claudio, ma la sua felicità era sempre offuscata da quel macigno che pesava sulla sua coscienza. Lui cercava di starle vicino, ma forse non riusciva a capire il tormento di Emily. Dopo qualche mese, si accorse di aspettare un altro bambino, questa doveva essere una bellissima notizia, ma l’ amarezza per quello che era accaduto in precedenza, era ancora presente e troppo viva per sentirsi serena. Voleva questo bambino ma una vocina dentro le sussurrava: ” Perché lui si e l’ altro no?” Un pensiero ossessivo da rovinarle l’ attesa, l’ anima tormentata non trovava pace, ma poi successe l’ inimmaginabile, al quinto mese di gravidanza, era programmata un ecografia di controllo. La mattina era uscita a comprare degli abitini per il corredo del bambino, si sentiva un po’ più tranquilla. Nel pomeriggio, Claudio l’ accompagnò dal ginecologo per la visita, ma quando questi iniziò a fare l’ ecografia, si rabbuiò in volto, cercò di continuare la visita normalmente, ma alla fine, comunicò ad Emily e Claudio, che non sentiva più il battito, il bambino era morto. Le si oscurò il mondo, sembrava un incubo senza fine, aveva voglia di gridare contro la vita così ingiusta, ma non fece niente di tutto questo, soltanto un pianto silenzioso. Era tutto così crudele, lei era il male, così almeno credette; era stata punita per l’ orrore che aveva commesso ed aveva ricevuto il castigo peggiore, perdere un altro figlio. Il dolore divenne lancinante, quasi da soffocarla ed annientarla, i suoi due angioletti erano volati in cielo. Ma lei era ancora viva, respirava, si muoveva, tutto ciò le pareva un’ ingiustizia, non si meritava di essere felice. Questo era successo nell'arco di pochi anni e adesso, era ripiombata nella depressione più nera. Il suo matrimonio era naufragato, Claudio non sopportava più quella moglie triste e così severa con se stessa ed alla fine, aveva accettato un lavoro lontano ed era partito lasciandola sola con i suoi fantasmi. Aveva raggiunto il suo scopo, tutti l’ avevano abbandonata al suo destino. Nel frattempo, anche i suoi genitori morirono e lei non riuscì a trovare conforto in niente. Andava a lavorare in un’ agenzia di assicurazioni ma non aveva allacciato amicizia con nessuno, i colleghi l’ avevano soprannominata “ l’ orso”. Era brusca e si atteggiava da antipatica, infatti, quando si assentava, gli altri facevano festa. Terminato il lavoro si chiudeva in casa e dopo avere mangiucchiato qualcosa si sdraiava sul letto a fissare il soffitto. Restava così per ore, fino a che le ombre della notte si allungavano nella stanza ed il sonno sopraggiungeva quasi di nascosto e l’ indomani, spesso si ritrovava vestita. Il suo cuore si era indurito, lei si odiava e non voleva che nessun altro l’ amasse. Ma nella vita, quando meno te lo aspetti, può succedere l’ imprevisto: un incontro o un avvenimento che ti può cambiare l’ esistenza. Un giorno, stava tornando a casa e sulla strada, vide una donna che barcollava appoggiandosi ad un muro. Lei, d’ istinto si fermò e le si avvicinò, era una signora trasandata e dall'aspetto si vedeva che viveva per strada, Emily le chiese: ” Signora si sente male?” La donna alzò lo sguardo ed Emily restò incantata dai suoi bellissimi occhi azzurro mare, limpidi, ma nello stesso tempo immensamente tristi. Era anziana e con le mani tremolanti, le si aggrappò ad un braccio dicendole: ” Aiutami ti prego!” Emily l’ accompagnò su una panchina le chiese cosa si sentisse e lei rispose: ” Ho fame, sono quattro giorni che non mangio e sento che le forze mi stanno per abbandonare.” Emily le porse degli spiccioli dicendole: ” Vai a comprarti qualcosa.” Lei tirò un sospiro e con un filo di voce esclamò: “ Non c’è la faccio a camminare, mi mancano le forze.” A quel punto, mossa da pietà l’ aiutò ad alzarsi e la portò a casa sua. La donna emanava un cattivo odore, misto tra sudore e sporcizia; Emily, per un attimo pensò tra sé: “ Ma come mi è saltato in mente di portare a casa una sconosciuta.” Poi, senza pensarci su, l’ aiutò a farsi una doccia e le diede degli abiti usati che aveva in casa. La donna le apparve subito molto più giovane, Emily le domandò come si chiamasse e lei, riluttante balbettò un nome: ” Mi chiamo… Mariella.” Le preparò un piatto di pasta e la guardò, mentre avidamente mangiava con grande appetito. Non le fece altre domande, anche perché la donna era molto provata e non voleva né stancarla e né metterla in imbarazzo. Più tardi, dopo che riposò un po’, le chiese se volesse essere accompagnata a casa, lei rispose che la sua casa era la strada. Emily non se la sentì di mandarla via e la fece rimanere da lei per quella notte. Mariella non volle dormire nel letto ma si coricò sul tappetto del soggiorno. Più tardi quando vide che si era addormentata la coprì con un plaid. Per una volta la mente di Emily fu occupata dal pensiero di quella donna, pensava a come fare l’ indomani, doveva mandarla via, ma nel suo cuore indurito si faceva breccia il sentimento dell’ amore e decise che si sarebbe presa dei giorni di ferie per aiutarla. Ma l’ indomani, non la trovò più, se ne era andata ed aveva lasciato sul tavolo i pochi spiccioli che Emily le aveva dato la sera prima. Sentì una morsa dentro ed ebbe il desiderio di andare a cercarla. Si vestì in fretta e si recò nel posto dove l’ aveva incontrata il giorno prima, ma di lei non c’ era traccia, andò anche al dormitorio della Caritas, e vedendo tutte quelle persone dall'aspetto già morto dentro, che la guardavano come se avessero visto un fantasma, con gli occhi persi nel vuoto, si sentì in colpa, pensò che lei aveva tutto e loro invece, avevano perso anche la loro identità. Si era rassegnata a non incontrarla più, ma il pensiero di Mariella la tormentava tutti giorni, pensava che fine avesse fatto, se avesse da mangiare e quale storia terribile l’ avesse ridotta in quello stato. Lei da quel giorno era cambiata, guardava gli altri in modo diverso, sul lavoro era più disponibile, tanto che il suo nuovo comportamento, aveva sorpreso un po’ tutti. Passarono i giorni e con essi anche l’ inverno; cominciava a farsi sentire la dolce brezza primaverile ed i profumi intensi di viole e primule. Quella mattina si alzò presto e con nuova energia, uscì di casa per fare una passeggiata, dopo un po’ si sedette sulla panchina dove aveva incontrato Mariella. Si stava godendo il tepore del primo sole, quando si avvicinò una donna ben vestita e con il viso sereno, anche se vissuto. Guardò Emily e le chiese l’ ora, lei la osservò per un instante ed ebbe un sussulto, si… era proprio Mariella. Restò stupita ed incredula, ma poi, con immensa gioia, le chiese se si ricordava del loro incontro, Mariella rispose sorridendo: “ Come potrei dimenticare chi mi ha accolto nella sua casa senza pensarci su? Chi mi ha sfamato e mi ha dato un tetto per la notte?” Emily le chiese perché se ne fosse andata senza salutarla e lei, di rimando rispose: “ Non volevo disturbarti, e poi è bastato il tuo gesto, per farmi capire che non tutto il genere umano è malvagio. Esistono anche gli angeli, così ho preso la decisione di riprendermi la mia vita, quella che avevo smarrito tanto tempo fa e sono ritornata nella mia casa, dai miei affetti, che pensavo di aver dimenticato. Ed ora, eccomi qua, a ringraziare l’ angelo che mi ha salvato la vita.” Emily commossa rispose: “ Non mi devi ringraziare, anzi, sono io che devo dirti grazie per avermi fatto capire, che nella vita c’è sempre l’ opportunità di cambiare e soprattutto, di ricominciare e poi, bisogna avere anche l’ umiltà di perdonarsi. Mariella le raccontò la sua triste storia: in un incidente stradale, aveva perso un figlio di dieci anni. Mentre era alla guida della sua auto, si era distratta parlando al telefonino e non aveva visto un camion, che sopraggiungendo li aveva travolti. Lei, per miracolo si era salvata, ma in cuor suo, avrebbe preferito morire con il suo bambino e così come era successo ad Emily, non si era mai perdonata. Il buco nero in cui era precipitata, la risucchiò in un vortice di solitudine e disperazione ed ora, piano piano si andava rischiarando ed una piccola luce di speranza iniziò ad illuminarle la vita e forse, anche lei, avrebbe ritrovato un po’ di serenità ed una ragione per poter continuare a vivere. La vita stessa, valeva la pena di essere accolta a braccia aperte: con le pene e le poche gioie che le poteva regalare. Il dolore l’ aveva aiutata a diventare più forte, facendo maturare in lei, la consapevolezza che non siamo perfetti e gli errori, purtroppo, fanno parte del nostro vivere quotidiano. Dal canto suo Emily, il suo sbaglio, non lo avrebbe mai dimenticato, anche se in cuor suo, sapeva che i suoi angeli l’ avevano già perdonata e le erano accanto, sostenendola, in ogni momento della sua vita |
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Ho solo iniziato a leggere e ci ritornerò... (pier quirica tola)
un bell'inizio ed un ottimo argomento...! (pier quirica tola)
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