Disteso sul letto, non riuscivo a dormire e guardavo il soffitto bianco della camera; di fianco mia moglie già dormiva da un paio d’ ore e l’ orologio luminoso segnava sul soffitto la mezzanotte; quando, all’ improvviso, udii l’ abbaiare insistente e continuo di Ketty, provenire dall’ esterno del palazzo nel quale io abitavo ed ancor oggi abito al primo piano. Pensai “ ci risiamo” ed attesi che smettesse di abbaiare; non appena smise, mi alzai dal letto, senza far rumore e mi diressi alla porta d’ ingresso; l’ aprii piano e sbirciai sul pianerottolo nell’ angolino a destra della porta. Ketty era lì, che mi guardava immobile, raggomitolata su se stessa . Richiusi la porta e questa volta mi diressi in cucina dove in un cassetto c’ erano delle scatolette di carne che avevo precedentemente acquistate e che tenevo conservate per lei, all’ occorrenza; ne presi una e sempre senza far rumore ritornai indietro sui mie passi verso l’ ingresso. Riaprii, silenziosamente la porta tolsi il coperchio alla scatoletta e la deposi a terra vicino a lei. Stetti qualche secondo, ma lei non si mosse; richiusi di nuovo la porta e ritornai a letto.
Incominciai a pensare ai problemi che il condominio mi stava creando per Ketty in quanto alcuni condomini nel rientrare a casa nelle ore tardi, la trovavano lì accucciata vicino alla mia porta. Dovevo assolutamente evitarlo. Preso da questi pensieri, mi rialzai dopo una mezz’ ora ed andai di nuovo alla porta; Ketty era sempre lì, ma aveva consumato tutta la scatoletta di carne. La feci entrare in casa facendola accucciare nell’ ingresso e tornai per così dire a dormire; sorgeva un nuovo problema: l’ eventualità che mia moglie alzandosi di notte per andare a bere in cucina o andare nel bagno potesse accorgersi di quell’ ospite scoprendone la presenza. Tutto questo mi rendeva ancora più agitato e non mi lasciava chiudere occhio. Ketty però non si muoveva affatto dal posto che le avevo assegnato quasi come capisse la situazione in cui entrambi ci eravamo cacciati.
Alle sette del mattino sentii lo scalpitio delle prime persone che scendendo di proposito le scale, senza prendere l’ ascensore, andavano a lavorare. Mi alzai, dando uno sguardo a mia moglie che dormiva ancora profondamente e mi diressi verso l’ ingresso, aprii la porta e feci uscire Ketty accompagnandola fin giù all’ uscita del palazzo. Di corsa si avviò libera in un piccola aiuola antistante per fare i suoi bisogni. Tutto bene quindi, tutto finito per quella notte! Verso le dieci del mattino, dopo aver fatto la doccia, essermi rasato, e dopo aver fatto colazione, scesi di casa per andare a fare alcune commissioni nel parco dove abitavo. Ketty era lì, sul marciapiede a prendersi il sole e mi aspettava per seguirmi, come sempre faceva tutti i giorni. Comunque davanti l’ androne del palazzo lei non era l’ unico cane ad essere presente a godersi il primo sole del mattino. Le faceva buona compagnia un'altra lupa nera ormai d’ età che veniva assistita e curata da due condomini che a sua volta avevano dei cani in casa propria. Mariella al sesto piano e Niccolò all’ ultimo piano. Entrambi insistevano perché io prendessi Ketty in casa con me. Cosa impossibile, non potevo perché mia moglie era rimasta traumatizzata dalla morte, avvenuta l’ anno precedente, di Chicco un York Shire piccolo ed intelligente e aveva deciso che mai più avrebbe preso un cane in casa dopo questo luttuoso evento.
In pratica mi trovavo tra l’ incudine ed il martello senza alcuna possibilità di uscirne fuori . Ketty, in realtà, era la cagna, molto bella , intelligente e sensibile, del padrone del garage nel parco dove io tenevo la mia auto, e dove avrebbe dovuto fare la guardia. Però lei non era assolutamente nata per svolgere questo compito, era troppo uno spirito libero per restare tutto il giorno e di notte tra gli odori ed i miasmi di olio e benzina ed il rumore assordante dei motori; non voleva essere legata e se ne scappava appena possibile per venire a prendere il sole sul marciapiede antistante il mio palazzo, ed era lì che mi aspettava pazientemente per seguirmi ovunque io andassi.
Ed io ero contento di questo suo affetto e desideravo ricambiarlo nel miglior modo possibile. Un giorno decisi di portarla a vedere il mare, che senza dubbio non aveva mai visto. Le misi al collo il guinzaglio di Chicco che tenevo ancora conservato ed insieme facemmo quasi tre chilometri di strada per arrivare all’ arenile di Bagnoli.
Una volta giunti sulla spiaggia lei incominciò a correre come una forsennata avanti ed indietro sulla battigia spruzzandosi di acqua come fanno i bambini . Stemmo lì quasi due ore, poi le diedi la cotoletta che era avanzata il giorno prima a casa e che avevo conservato per lei. Al ritorno non le misi alcun guinzaglio perché mi seguiva docilmente senza allontanarsi. Ormai per lei io ero il suo vero padrone. Poi poiché aveva un bel pelo lungo la portavo dal veterinario e la facevo lavare e pettinare. almeno una volta a settimana.
Un altro giorno, sempre durante una di queste passeggiate insieme a lei attraversai un rione popolare, vicino al mio parco, dove per strada c’ era un branco di cani sciolti che l’ assalirono appena la videro. Lei terrorizzata, poiché non la tenevo al guinzaglio si diede ad una fuga precipitosa e sparì alla mia vista. Girai tutto il rione, dal mattino fino a mezzogiorno senza riuscire a rintracciarla. Poi dopo aver mangiato a casa, ritornai nel pomeriggio, cercando di fare mente locale sul luogo dove molto probabilmente avrebbe potuto rifugiarsi. Ed infatti mi recai con l’ auto in quel luogo e la trovai ferma e ancora spaventata davanti l’ ingresso di un palazzo. Non si sarebbe mai mossa di lì se io non fossi andata a prenderla.La caricai nel mio portabagagli che era aperto e la riportai nel mio parco davanti al mio palazzo. Poi ancora insieme a Mariella la portavamo dal suo veterinario per farle fare la profilassi contro le malattie.
Incontrandomi l’ amministratore mi pregò di trovare una soluzione al fatto che Ketty entrando di sera tardi nel palazzo, infilandosi nel portone dietro qualche condomino che rincasava, poi sostasse tutta la notte sul mio pianerottolo. Se non l’ avessi trovata mi avvertì che sarebbe stato costretto a far intervenire gli agenti comunali per farla trasferire al canile municipale. Entrai in fibrillazione ed ero così teso e nervoso che una volta incontrando un condomino che mi aveva rimproverato per aver trovato ancora una volta Ketty sulle scale sui cui gradini diceva che aveva vomitato, non ce la feci più e lo malmenai bruscamente.
Una settimana dopo, mi scusai per l’ accaduto e mi misi alla ricerca di qualcuno o di una famiglia che potesse accogliere Ketty. Quando sembrava che avessi trovato qualcuno o qualche buona sistemazione in famiglia, sistematicamente questi poi disdiceva o la famiglia si rifiutava di accoglierla per discutibili e presunte motivazioni. Ormai volevo bene a Ketty e dentro di me soffrivo . Per diverse sere che rientravo tardi a casa, la trovavo già sul mio pianerottolo che accucciata mi aspettava, ed allora dopo averle messo il guinzaglio la tiravo giù di forza per le scale e la portavo fuori del palazzo fino al garage, pregando il garagista del turno notturno di legarla per un po’ di tempo ogni sera ed in cambio gli davo una regalia di 20 euro più una scorta di scatolette di carne per Ketty. Ma dopo un po’ tutto tornava come prima.
Alla fine, grazie a Dio, Mariella riuscì a trovarle un ottima sistemazione presso la famiglia di una sua collega e Ketty che odiava i gatti e li inseguiva, si trovò a dover condividere l’ accoglienza insieme proprio ad un gatto, per altro imparando a rispettarlo e senza fargli alcuna violenza. Ora sono trascorsi nove anni da questa vicenda che mi ha colpito, mi ha segnato e che mi è rimasta nel cuore e nella mente. Ho chiesto più volte a Mariella di farmi rivedere Ketty, ma lei si è sempre opposta adducendo la motivazione che lei vedendomi avrebbe potuto avere qualche forte emozione da compromettere il suo stato di salute, considerata anche la sua età, perchè avevamo a che fare non con un animale ma quasi con una persona.
Prima di scrivere questo racconto, ho dedicato a Ketty una poesia che ho pubblicato proprio su questo sito “ Scrivere “ col titolo di “ Anche tu “.Ho deciso di farne una copia e di regalarla a Mariella pregandola almeno di portarla una volta a casa sua, ed io finalmente avrei potuto rivederla dal mio balcone senza avvicinarmi, provando così, io, una grande emozione. In conclusione vorrei fare delle considerazioni personali, che esulano un po’dal contenuto di questo racconto pur partendo da esso, sul rapporto in generale che l’ uomo ha con gli animali e che dovrebbe in positivo non limitarsi al solo rapporto con gli animali domestici.
Un uomo evoluto e civile non dovrebbe uccidere e mangiare gli esseri animali più evoluti che vivono sia sulla terra che in mare. Personalmente diventerei volentieri un vegetariano, ma……..anche qui non potrei diventarlo se anche mia moglie, che in casa cucina, non lo diventasse! !!